Era il 1990, la mia scuola si era appena qualificata alle finali Nazionali Studentesche di Atletica Leggera che si dovevano disputare a Messina.
Avevamo centrato l’obbiettivo qualche mese prima sulla pista di atletica delle Terme di Caracalla, dove io avevo dato tutto me stesso per riuscire a terminare la gara sui 1000 metri sotto i tre minuti.
Che dire, ero al settimo cielo, un sogno che si era concretizzato in pochi mesi.
Fine maggio, ero pronto, avevo tutto quello che mi serviva per le Nazionali, ma dovevo cambiare le scarpe per il riscaldamento.
In pista utilizzavo le chiodate, c’è l’ho ancora conservate nonostante siano diventate due oggetti di marmo,
ma le altre andavano cambiate.
Una settimana prima della partenza ottenni la disponibilità per acquistare le nuove scarpe.
Era sempre il 1990, è il concetto di scarpa da corsa non si avvicinava minimamente a quello attuale.
Andai in uno dei negozi storici della mia città che in quel periodo stava effettuando dei saldi per il cambio della sede.
Mi ricordo che non c’era molta scelta, mi lasciai aiutare e … sbagliai alla grande.
Acquistai un paio di scarpe bellissime nel loro design, ma in quel momento non valutai due cose importanti …
il peso e un grip picchettato antiscivolo.
Me ne accorsi solo prima del riscaldamento della gara a Messina e le conseguenze furono devastanti.
Cercai di sciogliere un po’ le gambe prima della partenza ma senza ottenere un buon risultato.
Terminai i 1000 metri con un tempo ben lontano di quello della bellissima qualificazione di Roma.
Fu comunque un’esperienza bellissima ma mi rimase il rammarico di quel errata valutazione sulle scarpe che non utilizzai mai più per la corsa.
Quell’errore di valutazione è stata un’esperienza che se pur negativa mi ha fatto comprendere negli anni successivi l’importanza della scelta di una scarpa per correre, perché una scarpa per correre non è uguale alle altre.
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