di Ignazio Catauro
Il distretto culturale viene considerato uno degli strumenti produttivi adeguati alla fase di smaterializzazione della produzione industriale e di affermazione della cultura intesa, non solo in quanto incarnazione della vita materiale, spirituale e sociale di una comunità, ma anche quale risorsa strategica per una crescita economica sostenibile del territorio in cui la comunità risiede.
Bisogna prendere atto delle trasformazioni che da alcuni decenni interessano le società cosiddette impropriamente “avanzate”: “da un lato, la transizione da un modello di crescita basato quasi esclusivamente su produzioni industriali di tipo tradizionale, a un’epoca in cui diviene centrale l’economia intangibile della comunicazione, dei servizi e dell’esperienza; e dall’altro, il definitivo passaggio da contesti di produzione e di scambio relativamente circoscritti, a mercati planetari rispetto ai quali molte nazioni europee si trovano in una condizione di sempre minore competitività sui terreni tradizionali di fronte alle impetuose realtà economiche emergenti in varie zone del pianeta”.
Questi mutamenti pongono la dimensione culturale tra i fattori strategici delle politiche di sviluppo di un qualsiasi territorio, per il cui futuro diventano risorse cruciali proprio quei beni non riproducibili e localizzati come il patrimonio storico, le stratificazioni culturali e le identità territoriali. Di qui l’obiettivo di rafforzare i sistemi di produzione e valorizzazione dei saperi e in generale le economie della conoscenza.
Ma in cosa consiste precisamente un distretto culturale e qual è la sua finalità specifica?
Esso si può definire in generale come un insieme organizzato di istituzioni, reti associative e imprese che producono un’offerta integrata di beni e di servizi culturali di qualità, legati a un territorio circoscritto, caratterizzato da un’identità ben definita, da un’alta densità di risorse ambientali e culturali di pregio, e abitato da una comunità locale coesa rispetto alle proprie tradizioni culturali.
I tratti fondamentali e imprescindibili, saranno quindi il legame tra il prodotto e il territorio, la qualità dei beni e dei servizi prodotti, lo scambio anche informale di saperi e di competenze, una forte presenza pubblica a sostegno della produzione, in questo caso, culturale.
“La valorizzazione dei patrimoni culturali locali dovranno essere individuate come leva di sviluppo locale in connessione con altri settori economici, e ai fini della creazione di nuova occupazione”.
La costituzione di un distretto implica la presenza di un sistema culturale locale, cioè di un ricco tessuto socio-culturale e ambientale preesistente, a partire dal quale sia possibile avviare quei processi di valorizzazione (ma anche di re-invenzione) dell’identità locale e di sostegno alla produzione culturale in grado di promuovere sia lo sviluppo economico e la sua sostenibilità, “sia la riqualificazione e il miglioramento della vivibilità complessiva di un dato territorio”. Sono questi infatti gli obiettivi primari in vista dei quali assume senso l’integrazione delle risorse, dei servizi di accoglienza e di fruizione, dei centri di competenza e di ricerca, delle filiere di prodotti tipici e artigianali.
La disponibilità di beni storici, artistici, architettonici, infrastrutturali e ambientali è infatti una condizione necessaria ma non sufficiente per l’avvio di processi virtuosi di valorizzazione delle identità e delle tipicità culturali e di promozione dello sviluppo territoriale ad esso correlato.
Il distretto culturale come modello di sviluppo territoriale autonomo e sostenibile “non sorge spontaneamente, ma è il risultato di un progetto, di appositi investimenti e di strumenti di governance culturale”. Le potenzialità espresse dai territori richiedono uno sforzo progettuale e ideativo per accompagnare le comunità nella elaborazione di obiettivi di sviluppo culturalmente sostenibili e condivisi, al di là della spinta alla mera commercializzazione dei contesti e delle tradizioni locali e dei richiami generici alla auto-imprenditorialità diffusa.
La sfida di un distretto culturale sta in primis nel tentativo di declinare la cultura non come mero prodotto da vendere, bensì come produzione da alimentare e mettere in circolo, valorizzando le risorse esistenti senza trascurare quei processi di innovazione che stanno alla base dell’economia della conoscenza e della produzione culturale e che contribuiscono a produrre proprio quei beni che si intendono valorizzare.
Facendo leva sui temi svolti dai teorici dei sistemi complessi, si potrebbe usare una modalità a loro cara che si identifica come “processo auto catalitico”: “un graduale ma inesorabile miglioramento della qualità dell’offerta, accompagnato da una graduale ma altrettanto inesorabile crescita della qualità e della competenza della domanda”.
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