LA RIVOLUZIONE DIGITALE HA TRASFORMATO LE NOSTRE VITE E LE NOSTRE SOCIETÀ IN UN MODO CHE NON HA PRECEDENTI, OFFRENDO IMMENSE OPPORTUNITÀ E SFIDE APPARENTEMENTE SCORAGGIANTI. LE NUOVE TECNOLOGIE POSSONO DARE UN CONTRIBUTO SIGNIFICATIVO ALLA REALIZZAZIONE DI UN’ECONOMIA SOSTENIBILE, SENZA PREGIUDICARE GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO.
Il mondo come lo conosciamo cambia continuamente e uno dei “driver” fondamentali che determina questa continua modifica degli stessi paradigma è la trasformazione digitale. Alla base della trasformazione digitale non ci sono esclusivamente gli “unicorni” di Internet, cioè quelle aziende innovative – non ancora quotate in Borsa – che hanno raggiunto in un breve periodo una valutazione di mercato di almeno un miliardo di dollari. Il termine azienda unicorno è stato coniato nel 2013 da Aileen Lee, fondatrice della Cowboy Ventures, in un post pubblicato su “TechCrunch” intitolato “Welcome To The Unicorn Club: Learning From Billion-Dollar Startups”.
Eliminato dunque qualsiasi fraintendimento la “Digital Economy” trova la sua reale ragion d’essere nel principio, ampiamente accettato e condiviso, che vuole l’utilizzo della tecnologia più recente per fare ciò che già facciamo, ma meglio.
Allora, cos’è precisamente l’economia digitale? In sintesi potremmo definirla come quell’attività economica che deriva da miliardi di connessioni online quotidiane tra persone, aziende, dispositivi, dati e processi. La spina dorsale dell’economia digitale è l’Iperconnettività che significa una crescente interconnessione di persone, organizzazioni e macchine che dipendono dall’uso di Internet, dalla tecnologia mobile e dall’Internet of Things (IoT).
L’Economia digitale sta prendendo forma e sta minando le nozioni convenzionali su come sono strutturate le imprese; come le aziende interagiscono; e come i consumatori ottengono servizi, informazioni e beni.
Il professor Walter Brenner dell’Università di San Gallo, in Svizzera, afferma: “L’uso aggressivo dei dati sta trasformando gli stessi modelli di business, facilitando l’immissione sul mercato di nuovi prodotti e servizi, creando nuovi processi, generando maggiore ‘utilità’ e inaugurando una nuova cultura della gestione aziendale e dei processi produttivi”.
Recentemente, “TechCrunch”, un sito di notizie sull’economia digitale, ha osservato: “Uber, la più grande compagnia di taxi al mondo, non possiede veicoli. Facebook, il proprietario dei media più famoso al mondo, non crea contenuti. Alibaba, il rivenditore più prezioso, non ha inventario. E Airbnb, il più grande fornitore di alloggi al mondo, non possiede immobili … Sta succedendo qualcosa di interessante”.
Cosa c’è in queste aziende che consente loro di ripensare i confini tradizionali dei paradigma economici e creare conseguentemente la loro personale e specifica “proposta di valore” riferita al loro settore produttivo? Cosa possono insegnare queste giovani aziende nel comprendere a fondo il significato delle trasformazioni digitale negli svariati settori dell’economia, che pure influenzano in modo significativo? Come ci adatteremo alla fluidità che emerge inesorabile e che riscontriamo nei ruoli delle economie tradizionali?
Tante le domande alle quali l’economia del prossimo futuro dovrò dare immediate risposte.
Esistono quattro aree fondamentali su cui la trasformazione digitale inciderà in modo “travolgente” e sancirà la definitiva affermazione globale delle Economia Digitali.
- Il “Futuro del lavoro. Le persone lavorano sempre più da luoghi diversi, non più identificabili con il classico “ufficio” comune all’immaginario della tradizione. Lavorano e lavoreranno sempre più dalle loro case o da una semplice caffetteria o bar sotto casa, in qualsiasi luogo geografico purché munito di un collegamento internet. Di una buona rete. Mentre il luogo in cui lavoriamo cambia inesorabilmente, ci aspettiamo tutti lo stesso livello di connettività sperimentato nell’ufficio fisico. L’emergere di questa flessibilità nella gestione della nuova “impresa globale” richiede alle organizzazioni sociali di gestire un ecosistema dinamico di competenze e dunque necessita di abilitare processi aziendali digitali in continua trasformazione e che si dimostrino più efficaci, anche se distribuiti in svariati luoghi fisici straordinariamente distanti tra di loro.
- La Partecipazione del cliente. Nell’Economia Digitale, tutti i clienti, siano essi “business-to-business” o “business-to-consumer”, vogliono interagire con le aziende quando e dove ritengono opportuno e conveniente per loro. Inoltre, i clienti desiderano interagire con i produttori attraverso esperienze fluide, “omnicanale”, dirette, contestuali e personalizzate.
- Reti di approvvigionamento digitali. A fronte di un’espansione della classe media a livello mondiale di tre volte entro il 2030, non sembra corrisponde una adeguata crescita produttiva da parte delle aziende, essendo queste ultime impossibilitate a reperire le risorse aziendali essenziali per rispondere a questo esplosivo aumento della domanda globale. Si calcola che le capacità di incremento produttivo aziendali crescano ad un ritmo molto più lento, pari a 1,5 volte; la metà di quanto richiesto dalle capacità di spesa della nuova popolazione mondiale. La causa di questa discrepanza è riconducibile al modo in cui le aziende condividono oggi i dati in tempo reale per consentire alle applicazioni commerciali di prossima generazione di prosperare. Fino a che non si creeranno nuove reti digitali intelligenti, in grado di cambiare radicalmente il modo in cui il commercio elettronico verrà gestito, ottimizzato, condiviso e distribuito, una fetta della popolazione mondiale sarà inevitabilmente costretta a rimanere ai margini della successiva “Rivoluzione dei Big Data”.
- L’Internet of Things (IoT). Man mano che i prezzi dei dispositivi digitali continueranno a scendere, sempre più “cose” potranno essere collegate tra di loro: persone, aziende, processi si connetteranno tra di loro sempre più facilmente ed in modo economicamente sempre più vantaggioso. La combinazione sempre più profonda del mondo fisico con quello digitale porterà inevitabilmente qualsiasi risorsa, di qualsiasi genere ad essere legata ad un dominio digitale in cui domina un software capace di gestire i processi necessari alla realizzazione di un vero e proprio valore economico. Quando un’azienda (e non solo) sarà in grado di comprendere il proprio potenziale di risorse fisiche e digitali in tempo reale, allora potrà operare con una precisione inimmaginabile oggi; in questo modo aprirà la strada ad un processo produttivo in grado di sviluppare al massimo le proprie potenzialità e la propria eccellenza. Questo rappresenterà non solo un elemento di differenziazione, ma diventerà un vero imperativo da perseguire per qualsiasi azienda digitale entro i prossimi anni.
L’espansione dell’economia digitale è guidata dai “Digital Data” che consente una continua evoluzione, che definirei ironicamente “a rotta di collo”, perché guidata dalla incredibile capacità di raccogliere, utilizzare e analizzare enormi quantità di dati leggibili automaticamente, vere e proprie informazioni (dati digitali) praticamente riconducibili a qualsiasi contesto economico e sociale. Questi dati digitali vanno dalle impronte digitali, alle attività personali, sociali e commerciali che si svolgono sulle più varie piattaforme digitali. Il traffico IP (Global Internet Protocol), un “proxy” per i flussi di dati, è cresciuto da circa 100 gigabyte (GB) al giorno nel 1992 a oltre 85.000 GB al secondo nel 2019. Eppure, ricordiamolo, il mondo è solo agli inizi di un modello di economia basata sui “ big data”. Entro il 2022 il traffico IP globale si prevede raggiunga i 150.700 GB al secondo, alimentati dal fatto che sempre di più le persone si connetteranno online per la prima volta e naturalmente dal consequenziale espandersi di “Internet delle Cose” (IoT).
La “Creazione di valore” economico nasce quando i dati vengono trasformati in “intelligenza digitale” e monetizzati attraverso un uso commerciale che si ricava dalla straordinaria mole di conoscenze che scaturisce dall’uso di questi dati.
La piattaforma è il driver essenziale che sottende alla raccolta e all’uso dei dati. Nell’ultimo decennio, una pletora infinita piattaforme digitali è emersa in tutto il mondo, facendo leva proprio sul business basato sull’uso di questi modelli d’informazione, tali da sconvolgere lo stesso modello produttivo di interi settori economici tradizionali, e sulla loro scia aver contribuito a creare nuovi modelli economici che si sono affermati in modo significativo ed inevitabile. Il potere straordinario delle piattaforme nate dalla “Rivoluzione Digitale” si riflette nel fatto che ben sette delle prime otto società al mondo per capitalizzazione, utilizzano modelli di business basati sull’uso di piattaforme digitali, (Amazon, Alibaba, Facebook ed eBay, Uber, Didi, Chuxing o Airbnb).
Come ci insegna la storia ogni rivoluzione industriale parte da un’innovazione, da un’idea “distruttiva”; nemmeno la quarta rivoluzione industriale di cui siamo protagonisti è da meno. Questa volta, si tratta della “Digital Distrupion”, ossia della necessità di cambiare processi, procedure e relazioni includendovi il fenomeno della “Digital Trasformation”, la nuova economia basata su nuove tecnologie digitali di comunicazione (in inglese ICT).
Questo non significa che “Digital Economy” e “Internet Economy” siano sinonimi. Ma semplicemente che l’internet economy, composta dagli strumenti tecnologici e dalla rete, è la base della digital economy.
Purtroppo essere protagonisti di una rivoluzione industriale, non significa essere sempre pronti al cambiamento che la stessa comporta, l’Italia, per esempio, secondo l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi 2019) elaborato dalla Commissione europea, si piazza al 24esimo posto e ancora molta strada ha da fare.
Vedremo nel prossimo immediato futuro cosa saremo in grado di fare, e come lo faremo; fermo restando che il solco è stato inesorabilmente tracciato e solo le nostre capacità di elaborazione ci permetteranno si essere al passo con i tempi frenetici imposti dalla “Digital Economy”. Buona fortuna a tutti noi.
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