
Fotografie e manufatti d’autore Thomas Coccolini Haertl e Gio Ponti di Alessia Locatelli La ricerca visiva di Thomas Coccolini Haertlsi concentra sul processo di trasformazione del sogge6o da rappresentazione formale a dimensione astra6a.
Questo approccio suggerisce un’esplorazione dei confini tra il conoscibile e l’ignoto, in cui le forme, i colori e le composizioni si evolvono in una direzione che ribalta la percezione visiva tradizionale. Pur ispirandosi a elemen? figura?vi, TCH li astrae in modo da portare l’osservazione in un territorio in cui la familiarità dell’a6eso cede il passo al pensiero intui?vo e all’immaginazione. La tensione tra la forma e l’astrazione diventa quindi l’invito ad una riflessione sulla percezione e interazione con il Visibile. Questa ricerca conduce a un’esplorazione in cui l’ambiguità e l’interpretazione giocano ruoli fondamentali. Inoltre, la con?nuità che si viene a creare tra il formale e l’astra6o sfida il tradizionale confine tra i due conceE apparentemente distan?, invitando lo spe6atore a un’esperienza mentale fluida e dinamica. L’immagine attraverso l’occhio di TCH raccoglie solo una porzione del mondo. In questo caso, è un processo che parte da elementi del costruito, da luoghi antropizzati – siano in essere o dismessi – estraendo il contenuto architettonico e sintetizzandolo nel dettaglio. I suoi cieli, auten?ci e non postprodoE, sono la tavolozza di un azzurro terso e cristallino dentro cui le linee composi?ve si dipanano e si riappropriarono degli spazi, liberi ed esuli dalla gabbia geometrica di chi li ha idea? e costrui?. L’elemento archite6onico migra dal modulo di base di una archite6ura spesso post-industriale, verso l’assoluta perdita dei volumi originari, generando visioni che trovano con?nuità solo nel campo del metalinguaggio visivo. La linea, il volume; la presenza dell’archite6ura non è dunque legata all’elemento primario nel suo esistere, alla sua funzione in un viaggio visivo che apre su una totale dissoluzione della linea e del volume stessi, sfociando nella metafisica. infaE – a6raverso lo sca6o e il peculiare momento d’osservazione e ripresa – TCH ci offre una fotografia che si configura come una “sintesi sublime” di ciò che l’uomo crea. Parabole, torri, ciminiere croci, de6agli… La fotografia finalmente si libera dalla sua stessa natura di “rappresentare” ciò che è realis?co, direzionando la ricerca verso la tensione iniziale che esporta l’elemento architettonico dal reale, astraendolo, sopra le quinte azzurre in un rapporto materico, come accade per le pennellate che relazionano alle superfici pittoriche. Una ricerca molto interessante che si ricongiunge alla tradizione della pi6ura informale: in par?colare nella poe?ca del “Gruppo degli O6o” e trova nel lavoro fotografico di TCH un eco della sperimentazione dell’Astra6o-Concreto, teorizzata dal cri?co Lionello Venturi e splendidamente interpretata dai lavori ar?s?ci di Antonio Corpora. In TCH la composizione fotografica è protagonista e, attraverso l’arte della figurazione, si riappropria dei tempi e degli spazi chiusi e circoscriE nella loro solidità temporale. Immagini che conquistano l’infinito del blu e, con esso, l’immortalità a cui solo la fotografia può ambire. In un processo anche evoca?vo, sempre teso alla ricerca di una purezza poe?ca, un sublime irraggiungibile. Un sublime discreto.
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