Lavoratori pagati meno del reddito di cittadinanza a causa dei contratti bluff formalmente part time ma a fronte del quale il lavoratore opera a tempo pieno, percependo un salario al massimo di 600 euro al mese.
E’ l’allarme lanciato dal Presidente nazionale di Sindacato CLAS Davide Favero, che denuncia la grande distorsione in atto soprattutto nei settori del commercio, turismo e servizi i cui i lavoratori ricevono una retribuzione inferiore a quella prevista dalle tabelle paga dei CCNL.
“Il 60% circa delle vertenze a livello nazionale riguarda proprio lavoratrici e lavoratori di questi settori – afferma Favero – che non percepiscono salari corrispondenti alle ore di lavoro effettivamente svolte, tra i 500 e i 600 euro al mese invece di 750/1.000 euro. Con questa media, i tre settori tra i più importanti dell’economia nazionale svettano nella hit dei segmenti che pagano i lavoratori meno di quanto vale il bonus per il reddito di cittadinanza. E’ dunque una gara tra poveri ma i dati dicono anche molto altro. Per esempio, che proprio i contratti di categoria dei dipendenti delle aziende del commercio, turismo e servizi non vengono rinnovati con la giusta periodicità, mantenendo inalterata la retribuzione, ormai fuori da qualunque scala di confronto con i prezzi al consumo e dei servizi. Purtroppo questo dei bluff sugli stipendi reali erogati è un nodo irrisolto – continua Favero – ed il motivo per cui in questi specifici settori c’è un alto tasso di vertenzialità. Il buco nero è rappresentato principalmente dai rapporti di lavoro nelle piccole realtà produttive perché lì ci sono meno controlli e anche una minore sindacalizzazione. Se si osservano i nuovi contratti degli ultimi cinque anni in questi settori, cioè commercio, turismo e servizi, emerge chiaramente che la stragrande maggioranza delle assunzioni avviene con contratti part time sulla carta ma poi in realtà non è così. Alla luce di ciò è evidente che la lavoratrice o il lavoratore tipo percepisce meno di 800 euro al mese, esattamente quanto vale la scheda per il reddito di cittadinanza. La differenza è di pochi euro ma ha tutto il peso e il senso della beffa”.
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