Nel parlare di Rete di Impresa viene quasi naturale pensare al termine “Cooperazione”: ho sempre pensato che questa fosse la parola-chiave per il futuro delle piccole imprese. Ancora di più per le Piccole Aziende Agricole.
D’altro canto alla luce di quanto si vede oggi circa le grandi sfide lanciate dai mercati sempre più globali, e sempre più in evoluzione, risulta indispensabile una profonda riflessione sul tema del rapporto tra Produzione Agricola Locale e Global Productions. L’agricoltura è oggi a un bivio decisamente inevitabile: il business come al solito non è un’opzione! Eppure dobbiamo ricordare, soprattutto a noi stessi, che 821 milioni di persone sul nostro Pianeta soffrono brutalmente la fame, mentre 1,9 miliardi soffrono degli effetti negativi del sovrappeso e dell’obesità. Nel 2019 è stato raccolto più grano che mai: 2,65 miliardi di tonnellate in tutto il mondo. Nonostante questo raccolto da record, solo il 43% è stato utilizzato per nutrire le persone. Il resto viene utilizzato per alimentare il bestiame, riempire i nostri serbatoi di benzina, supportare i processi di produzione industriale o semplicemente viene sprecato.
Il nostro sistema alimentare globale è uno dei principali fattori che contribuisce negativamente al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità, all’inquinamento e alla mancanza di acqua, nonché a malattie prevenibili, povertà e ingiustizia. E allora, proprio una riflessione su queste verità ci spinge inevitabilmente ad approfondire e mettere in pratica gli elementi innovativi ed innegabilmente positivi dei Contratto di Rete d’Impresa. Cos’è in fondo una filiera agroalimentare, se non quell’insieme di settori produttivi e relative imprese, coinvolti nella realizzazione di una determinata produzione. E che cos’è realmente un Contratto di Rete se non una Filiera che si delinea dal punto giuridico proprio come “un accordo tra uno o più imprenditori, con lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e competitività sul mercato” così come delineato nel decreto legge 5/2009 convertito dalla legge 33/2009, arrivato a conclusione con la legge 91 del 2014.
Ricordiamo che le reti d’impresa nascono per perseguire principalmente obiettivi di innovazione e competitività, dove la sua forza è costituita principalmente dal contributo delle imprese partecipanti, vera fonte di quei contenuti di concretezza ed elasticità che contraddistinguono l’idea di modernità alla base della Rete stessa.
Tralasciando volutamente il tema che riguarda nel dettaglio le differenze tra le varie tipologie di Rete, e gli aspetti più strettamente giuridici che le caratterizzano, preferirei soffermarmi brevemente, nello specifico, sul ruolo e il significato della Rete di Impresa e Agricoltura. Alla luce degli ultimi dati sulla reale consistenza di questo soggetto giuridico ricordiamo che sono 5.135 le reti di imprese esistenti in Italia al 31 dicembre 2019, di cui l’85% registrate nella forma della rete-contratto (4.357) e il restante 15% come reti dotate di soggettività giuridica (778), per un totale di 31.405 imprese coinvolte. Interessante il dato incrementale rispetto all’anno precedente: in particolare, nel 2019 i contratti di rete fanno segnare un tasso di incremento complessivo del 18,9%. Un innegabile segnale che incoraggia l’intero mondo produttivo italiano.
Per quanto riguarda i settori coinvolti, dalla classificazione delle imprese impegnate in programmi di collaborazione in rete (sotto forma sia di rete-contratto che di rete soggetto) in base alla sezione attività del codice ATECO, i settori di provenienza delle imprese “retiste” risultano essere connessi in prevalenza ad agricoltura, silvicoltura e pesca (19%), commercio (17%) e attività manifatturiere (16%). Con percentuali inferiori seguono le imprese della filiera turistica (9%, per quelle aziende che prestano servizi di alloggio e ristorazione), delle costruzioni (8%), le aziende che prestano servizi professionali (7%) e servizi di supporto alle imprese (5%).
È dunque il settore agrifood, con le sue 5.875 aziende impegnate almeno in una Rete sul territorio nazionale, a rappresentare il comparto più rappresentativo, quello con una maggiore presenza (19%) tra le reti d’impresa; tuttavia bisogna sottolineare, d’altro canto, che non basta, c’è troppa distanza con la percentuale che il settore esprime sull’intero comparto produttivo. Tanti i motivi di questo ritardo, che ad onor del vero si è significativamente colmato negli ultimi anni, e che fanno ben sperare per il futuro.
I temi che una Rete d’Impresa riesce a fare suoi, e dunque esprimere come straordinari punti di forza sono:
- La Competitività. Oggi occorre essere competitivi, con un prodotto di qualità e/o un prezzo aggressivo. Da soli, specie se si è piccoli, non si può competere con realtà particolarmente grandi.
- L’innovazione. In molti, oggi, ripetono “innovare, innovare, innovare”. Ma l’innovazione ha un costo che in rete, può essere suddiviso e gestito al meglio.
- Un terzo elemento va tenuto in notevole considerazione: con le Reti d’Impresa, i singoli imprenditori non perdono la propria autonomia e identità. In più, possono ottenere ampi vantaggi sul piano lavorativo, fiscale e civilistico.
Da questo punto di vista fare rete conviene. Non è certo la soluzione definitiva di tutti i mali del settore agrifood, ma, se ben costruita e gestita, una Rete d’Impresa può aiutare i singoli imprenditori ad innovare, aggredire nuovi mercati e aumentare la propria competitività. Attraverso la rete è possibile gestire quelle funzioni strategiche per il miglioramento della competitività, senza che l’impresa perda la propria identità e l’autonomia decisionale.
Sono potenzialmente innumerevoli i vantaggi e le possibilità derivanti dalla sinergia tra le diverse tipologie di aziende, sia a livello di produzione primaria (ampliamento dell’offerta, contenimento dei costi, ammodernamento dei processi produttivi, crescita dimensionale per la competitività sui i mercati) sia sul fronte degli aspetti organizzativi e gestionali (ottenimento di agevolazioni fiscali, accesso a finanziamenti pubblici). A questo si aggiunge la flessibilità delle diverse forme strutturali organizzative delle reti previste dal legislatore che passano dal semplice accordo contrattuale tra le parti (rete contratto) fino alla definizione di una personalità giuridica e di organi comuni di gestione (rete soggetto).
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