QUANDO LA METAFISICA DIVIENE IL TUTTO ASSOLUTO CHE NON PUÒ ESSERE UNA PARTE DI QUALCOSA, E L’UNIVERSALE CHE NON PUÒ ESSERE RACCHIUSO O COMPRESO IN CHECCHESSIA.
“Un filosofo e un metafisico astratto, dallo stile chiaro e nitido, un perfetto logico e dialettico, un uomo di altissima cultura. […] Disprezza il sentimentalismo, la sensibilità e la morale, considerandoli contingenze mortali prive di importanza“. Queste parole del dottor Tony Grangier delineano in maniera esaustiva la personalità e la profondità intellettuale di René Guénon (1886-1951), figura chiave del pensiero filosofico del Novecento europeo.
Un pensatore in grado di sorprendere, con le sue originalissime teorie, i maggiori studiosi e critici, intergenerazionale e mai scontato Guénon è sempre sfuggito alle classificazioni scontate dei suoi tanti avversari e alle numerosissime etichette impostegli dai numerosi esegeti. Il suo pensiero filosofico ha svolto una decisa e puntuale critica sistemica della modernità.
Guénon come grande studioso delle più svariate espressioni dell’esoterismo, prende tuttavia rapidamente le distanze da tutti i principali movimenti occultisti europei; cosa che lo porta a ad abbracciare l’Islam e a trasferirsi in Egitto, “per lui grande opportunità di realizzazione, sia spirituale che esistenziale, in grado di infondere al rigore della sua opera un’evidenza senza pari”: la sua opera più evocativa è certamente Oriente e Occidente, Il simbolismo della Croce.
L’idea che chiuso nella tenaglia del materialismo, l’Occidente sia stato pervaso da un impeto confuso verso qualcosa di altro della sua natura vera, “non sapendo però giungere che a forme incomposte, equivoche, irrazionali le quali, contraffacendo la vera spiritualità, hanno costituito, alla fine, un pericolo altrettanto reale e grave, quanto quello del materialismo, contro il quale erano partite”.
Il carattere negativo, a suo dire decadente, del mondo moderno per Guénon risiede essenzialmente nella perdita di contatto con la realtà “metafisica” e nel conseguente estinguersi di tradizioni dominatrici e viventi traenti il loro diritto e la loro autorità dal deposito di valori, principi e insegnamenti di carattere appunto “metafisico”.
Quando il filosofo francese parla di metafisica non intende per nulla riferirsi ad una “filosofia”, il termine “metafisica” in Guénon trae il suo senso dal riferimento ad un piano essenzialmente trans-razionale in senso nicciano. Al di là di tutto ciò che è condizionato dal tempo e dallo spazio, che è soggetto a cambiamento, “che è intriso di particolarità e di sensibilità, esiste un mondo di essenze intellettuali, non come ipotesi o astrazioni della mente umana sibbene come la più reale delle realtà”.
L’uomo potrebbe raggiungerla, cioè averne una esperienza reale e certa solo se in grado di elevarsi ad uno stato, appunto, trans-razionale, da Guénon definito di “pura intellettualità” dove l’intelletto si libera da ogni elemento propriamente umano, psicologico, affettivo, e così pure individualistico o mistico: “ed è in relazione a ciò, ossia ad una specie di realismo trascendente che intende elevarsi ben più in alto del mondo delle stesse religioni, congiunto ad una ascesi interiore, che dal Guénon viene usato il termine metafisica”. Questo è il modo in cui Guénon procedere ad una critica demolitrice delle correnti neospiritualiste più in voga al tempo e più caratteristiche per la “devianza” moderna.
Il merito fondamentale che va riconosciuto al filosofo di Blois è quello di aver fatto piena chiarezza nel mondo dell’esoterismo del tempo grazie alla sua definizione rigorosa, dottrinale del fenomeno. Guénon distinse l’esoterismo nettamente sia dal misticismo, sia dall’occultismo, orientato non alla conoscenza intellettuale bensì a pratiche magico-sperimentali.
Ma il tema di maggior impatto per il filosofo francese fu l’analisi sulle origini dell’idea di Tradizione, che lo porta inevitabilmente alla sua intransigente critica del mondo moderno svolta in due celebri libri: La crisi del mondo moderno (1927) e Il Regno della quantità e i segni dei tempi (1945). Guénon vi analizza le tipiche “superstizioni” prodotte dalla mentalità occidentale: la cieca fiducia nel materialismo scientifico, l’ideologia ottimistica del progresso, l’individualismo, la ragione ridotta a razionalità strumentale che governa ormai soltanto il “regno della quantità”.
Una civiltà che per il filosofo ha perduto i valori spirituali e metafisici ed è esposta a tendenze “controtradizionali” quali il diffondersi di pseudo spiritualità e false profezie. Per Guénon il mondo contemporaneo è piombato ormai nell’”età oscura”, il Kali-yuga della tradizione induista, caratterizzata da fenomeni di confusione, decadenza e degenerazione. “Le sacre verità della Tradizione, sempre più occulte e irraggiungibili per l’umanità nel suo insieme, sarebbero accessibili soltanto a una ristretta cerchia di iniziati, ai realizzati che posseggono la ‘scienza sacra’”.
Guénon era convinto che solo l’Oriente avesse conservato i valori tradizionali, e con essi la possibilità dell’iniziazione e della realizzazione spirituale. Nell’Occidente al contrario questa possibilità era stata definitivamente compromessa, e solo “le più alte tradizioni occidentali, quella aristotelica e quella cattolica” ne custodirebbero ancora qualche traccia. Affermava che la sola Chiesa cattolica romana, in forza della sua tradizione, e la massoneria, per il suo potenziale iniziatico, potessero rappresentare le uniche istituzioni in Occidente nelle quali riporre ancora qualche tenue speranza. “Anche quando, deluso dalla scarsa considerazione riservatagli dal mondo cattolico, passò all’islam, dal suo ritiro egiziano non smise di guardare all’accoglienza che l’Occidente riservava al suo insegnamento”.
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