Reflections. Dino Gavina, l’arte e il design indaga l’emblematica figura di Dino Gavina, imprenditore illuminato e sovversivo – come lui amava definirsi – nell’Italia della seconda metà del ’900. La mostra mette al centro la relazione tra arte e produzione industriale che, nel pensiero di Dino Gavina, possono e devono camminare insieme per cambiare il mondo.
A partire da questa intuizione, il percorso espositivo accosta oggetti di design vintage e contemporanei a capolavori realizzati da artisti e designer con cui Gavina ha saputo tessere relazioni umane e professionali. Tra le firme più note ci sono quelle di Lucio Fontana, Man Ray, Marcel Duchamp, Marcel Breuer, Carlo e Tobia Scarpa, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Kazuhide Takahama, Enzo Mari, Sebastian Matta, Alan Irvine, Novello Finotti, Giacomo Balla, André Masson, René Magritte, Jackson Pollock, Li Yuen Chia.
La mostra a La Galleria Nazionale presenta anche una selezione di opere cinetiche delle collezioni della Galleria Nazionale, in cui figurano molti artisti che Gavina aveva esposto nel 1967 in una mostra itinerante nei suoi negozi, intitolata “La Luce” che, insieme alla più conosciuta “Lo spazio dell’immagine” di Foligno, è stata di grande importanza per l’arte contemporanea italiana. Molti di questi artisti fecero parte del memorabile Centro Duchamp, la factory che Gavina aveva fondato nel 1967 con sede nel suo stabilimento di San Lazzaro, dove artisti, ingegneri, letterati, scienziati, poeti, architetti, musicisti e tecnici ebbero la possibilità di sperimentare nuovi materiali e nuovi linguaggi espressivi, supportati dal suo mecenatismo. Testimoniano questa esperienza opere di Getullio Alviani, Alberto Biasi, Davide Boriani, Ennio Chiggio, Gianni Colombo, Hugo Demarco, Gabriele De Vecchi, Angel Duarte, Edoardo Landi, Julio Le Parc, Elio Marchegiani, Gino Marotta, Manfredo Massironi.
Particolare attenzione è dedicata alle artiste che hanno avuto con Gavina legami familiari, amicali e lavorativi, a partire da sua moglie, l’artista verbo-visuale Greta Schödl, alle artiste cinetiche del Centro Duchamp come Grazia Varisco, Marina Apollonio e Martha Boto, passando dall’amica Marina Abramović per finire con quelle coinvolte direttamente nella produzione degli oggetti d’arredo, come Meret Oppenheim, Marion Baruch e Mariyo Yagi.
L’allestimento, affidato all’architetto Marco Brunori designer dello Studio Gavina, presenta con efficacia nello spazio del museo il dialogo tra gli oggetti di design e le opere: tutto si ri-produce dentro superfici specchianti, in dialogo tra loro e lo spazio che le ospita, con un gioco di rimandi che invita anche il pubblico a “esporsi” e quindi a partecipare all’esperienza della riflessione.
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