La realtà virtuale e le tecnologie indossabili possono offrire un supporto ai bambini e adolescenti con disturbi neurologici, come deficit di attenzione e iperattività (ADHD), autismo (ASD) e la paralisi cerebrale (CP), soprattutto in condizioni di isolamento come quelle sperimentate durante la pandemia da Covid 19. Lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Psychology dal professor Fabrizio Stasolla, dell’Università Giustino Fortunato di Benevento, associato di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e responsabile del Corso di Studi della Laurea Magistrale in Psicologia Comportamentale e Cognitiva Applicata.
Nella ricerca, che vuole essere anche un commento critico alla prospettiva futura in questo campo, lo studioso ha passato in rassegna i contributi empirici più recenti sugli effetti dell’utilizzo delle nuove tecnologie, con particolare riferimento alla realtà virtuale e alle tecnologie indossabili, utili ad aiutare bambini e adolescenti con disturbi neurologici nella loro quotidianità, in modo tale da renderli progressivamente autonomi.
I bambini e gli adolescenti con disturbi neurologici, spiega il professor Stasolla, sono comunemente descritti come cognitivamente, socialmente, emotivamente e comunicativamente compromessi. Inoltre, si osservano difficoltà di apprendimento e si documentano difficoltà nel percorso scolastico. La pandemia di Covid-19 ha esacerbato drasticamente e improvvisamente le loro fragili condizioni di salute a causa dell’indisponibilità di servizi medici o riabilitativi e di misure preventive come la quarantena e il distanziamento sociale, compromettendo ulteriormente la qualità di vita di queste persone e aumentando il carico delle famiglie e di coloro che se ne prendono cura. Si è visto che, soprattutto in questi casi, le opzioni di assistenza fornite dalla tecnologia offrono l’opportunità di amministrare e autoregolare in modo autonomo interventi utili sia a fini valutativi che riabilitativi.
Per quanto riguarda la finalità riabilitativa, la realtà virtuale, prosegue l’esperto, è stata ampiamente utilizzata per affrontare disturbi da deficit di attenzione e iperattività e i disturbi dello spettro autistico. La realtà virtuale assicura a queste persone esperienze sensoriali, mediate dal computer in ambienti artificiali, migliorando le interazioni virtuali in modo simile alla vita reale.
Le tecnologie indossabili, invece, hanno il potenziale per supportare e fornire sicurezza e assistenza sia agli operatori sanitari che agli utenti. Ad esempio, queste tecnologie consentono la comunicazione con persone distanti, il monitoraggio remoto in tempo reale, la previsione dei sintomi e la valutazione degli obiettivi riabilitativi.
I dati degli studi esaminati su entrambe le tecnologie, ovvero realtà virtuale e tecnologie indossabili, hanno evidenziato l’accessibilità, l’efficacia e l’idoneità delle tecnologie adottate per garantire un supporto a bambini e adolescenti con disturbi neurologici. Per esempio, osserva il prof. Stasolla, “è emerso che per entrambe le tecnologie vi è una abbondanza di letteratura relativa all’autismo, ai disturbi da deficit di attenzione e iperattività, mentre scarseggiano dati sulla paralisi cerebrale infantile e sulle sindromi genetiche rare. Inoltre sono state indagate abbastanza a fondo le funzioni cognitive e motorie, mentre, per entrambe le tecnologie, meno si è fatto sui disturbi del comportamento e sulla partecipazione positiva e il coinvolgimento attivo dei partecipanti. Quindi, in termini di prospettiva futura, si auspica una estensione dell’utilizzo delle due tecnologie con focus mirato a paralisi cerebrale infantile e a sindrome genetiche rare. Inoltre, si auspica di indagare anche l’effetto positivo di queste tecnologie nei disturbi del comportamento”.
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