LA REALTÀ VIRTUALE PUÒ AIUTARE I PAZIENTI CON MALATTIE NEUROLOGICHE ISOLATI DALLA PANDEMIA DA COVID-19.
La Ricerca dell’Università telematica “Giustino Fortunato”. La realtà virtuale può fornire opportunità di comunicazione e occupazione a pazienti con malattie neurologiche, che restano isolati durante la pandemia da Covid-19, promuovendo la loro indipendenza, riducendo l’isolamento e migliorando la loro qualità di vita e il loro benessere psicologico. Lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Public Health che ha come primo autore il professor Fabrizio Stasolla, dell’Università Giustino Fortunato di Benevento, condotta su impulso ed in coordinamento con la professoressa Sara Bottiroli, altra docente dell’ateneo telematico sannita, che lavora anche allo Scientific Institute for Research, Hospitalization, and Healthcare (IRCCS), Fondazione neurologica Mondino di Pavia, con il quale l’Università “Giustino Fortunato” ha una convenzione per attività di ricerca.
Il Covid, osservano gli studiosi, rappresenta una minaccia continua per la vita e la salute e rappresenta una sfida per la sanità pubblica e per la fornitura di servizi medici. Le misure di quarantena adottate per prevenire la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 hanno causato l’interruzione dell’assistenza riabilitativa e sanitaria e l’accesso alle cure mediche per i pazienti con malattie neurologiche.
Oltre alla passività, isolamento, i pazienti con questo tipo di malattie incontrano difficoltà di comunicazione durante la pandemia perché hanno meno opportunità di interazione sociale. Le difficoltà di comunicazione, inoltre, possono aggravare l’onere per le persone che si prendono cura di questi pazienti. Pertanto, secondo gli esperti, le tecnologie assistive (che comprendono qualsiasi dispositivo, equipaggiamento o supporto tecnologico in grado di neutralizzare la differenza tra la richiesta ambientale e la risorsa individuale) e la realtà virtuale possono essere una strategia utile per mitigare le sfide associate alla comunicazione da remoto. La ricerca ha presentato una panoramica dell’uso delle tecnologie assistive, soprattutto in riferimento alla realtà virtuale, per fornire opportunità di comunicazione a pazienti isolati, durante la pandemia, con malattie neurologiche e difficoltà di comunicazione da moderata a grave.
La comunicazione basata su Internet, scrivono gli autori, si è rivelata già un mezzo utile per superare le tradizionali barriere nella fornitura di servizi sanitari a domicilio dei pazienti. Attraverso Internet, per esempio è possibile per i sanitari stabilire una comunicazione diretta con i pazienti e i loro caregiver nonostante la distanza. La realtà virtuale rappresenta una ulteriore strategia valida per pazienti con lesioni cerebrali acquisite e patologie neurodegenerative progressive (Sclerosi, Morbo di Alzheimer e Parkinson). Una caratteristica della realtà virtuale è che permette la full immersion dei canali senso-motori umani in un’immagine vivida e realistica dell’esperienza di comunicazione che avviene in un ambiente reale. In sostanza, la realtà virtuale rappresenta una tecnologia attraverso la quale è possibile simulare le esperienze della vita reale in un ambiente virtuale immersivo. L’immersione è correlata alla misura in cui i sistemi di realtà virtuale possono fornire un’illusione inclusiva, ampia, circostante e vivida della realtà ai sistemi sensoriali del partecipante. Quindi, immersione corrisponde alla descrizione oggettiva e quantificabile di ciò che la tecnologia può fornire. Per esempio, alcuni studi hanno dimostrato l’uso di sistemi di realtà virtuale, come i dispositivi indossabili auricolari e televisori intelligenti 3-D, per fornire attività piacevoli, con benefici in termini di qualità della vita, benessere psicologico e interazioni sociali facilitate in pazienti con deterioramento cognitivo.
Attraverso la realtà virtuale è anche possibile indurre il senso di co-presenza, cioè il senso di essere insieme in uno spazio condiviso, unendo le significative caratteristiche dell’essere presenti sia fisicamente che socialmente. Inoltre, la realtà virtuale consente sia il controllo sperimentale delle variabili, sia il tracciamento delle risposte comportamentali del paziente. “Noi ipotizziamo – scrivono gli studiosi – che questa strategia rappresenti un utile strumento tanto in fase di valutazione quanto in fase di recupero delle abilità cognitive del paziente neurologico. L’ipotesi riguarda un miglioramento delle interazioni sociali e una riduzione dell’isolamento del paziente, oltre ad una diminuzione degli oneri a carico delle famiglie e degli operatori. L’utilizzo della realtà virtuale dovrebbe pertanto avere un impatto positivo sulla qualità di vita dei pazienti con lesioni cerebrali acquisite e patologie neurodegenerative, sia sul versante cognitivo che psicologico”.
La pandemia Covid-19 ha anche influenzato negativamente i trattamenti riabilitativi per le persone con malattie diverse dal Covid. In questa situazione, diventa fondamentale poter garantire la continuità assistenziale ai pazienti con malattie neurodegenerative impossibilitati a raggiungere i servizi sanitari. In quest’ottica le tecnologie della comunicazione stanno acquisendo slancio come opzioni potenzialmente efficaci per sostenere gli interventi sanitari a distanza, inclusa la riabilitazione cognitiva. Un esempio è presentato in un’altra ricerca pubblicata sulla rivista Frontiers in Neurology, dai professori Fabrizio Stasolla e Sara Bottiroli e che ha come primo autore Sara Bernini, dello Scientific Institute for Research, Hospitalization, and Healthcare (IRCCS), Fondazione neurologica Mondino. Nello studio, gli esperti presentano il software di riabilitazione cognitiva HomeCoRe al fine di offrire un supporto innovativo e valido alla riabilitazione cognitiva domiciliare nelle malattie neurodegenerative, come il deterioramento cognitivo lieve e la demenza precoce. HomeCoRe è stato sviluppato all’interno di un progetto di ricerca tra ingegneri e clinici. Questo software offre molteplici vantaggi per i pazienti e terapisti rispetto agli approcci tradizionali, come mostrato nel suo utilizzo in ambito ospedaliero (la sperimentazione è avvenuta presso l’Istituto Neurologico Fondazione Mondino di Pavia) In pratica HomeCoRe è un intervento su misura per il paziente che stimola le diverse abilità cognitive (es. logico-esecutive funzioni, attenzione / velocità di elaborazione, memoria di lavoro e memoria episodica) attraverso una serie di sessioni di esercizi pianificati a distanza con molteplici vantaggi per terapisti e pazienti. Permette di risparmiare tempo, è pronto per l’uso e in grado di impostare esercizi automaticamente per ogni sessione di allenamento. Si svolgono esercizi in modalità adattiva, perché durante la loro generazione, i dati sulle prestazioni dei singoli pazienti (accuratezza e numero di ausili necessari) vengono analizzati per impostare il livello di difficoltà appropriato. HomeCoRe potrebbe quindi rappresentare un’opportunità per accedere alla riabilitazione cognitiva in tutte quelle situazioni in cui pazienti e terapisti non si trovano nello stesso ambiente a causa di misure di distanziamento sociale e isolamento, come quelle imposte dalla pandemia in corso.
Commenti recenti