CIVES – Laboratorio di formazione al bene comune ha organizzato, nella giornata di ieri, la sedicesima videoconferenza nell’ambito del ciclo di iniziative Cives in dialogo, proponendo un confronto con Ivana Pais, Docente di Sociologia economica presso l’Università Cattolica di Milano, sul tema: “Città delle prossimità e piattaforme digitali”.
L’iniziativa, svoltasi in videoconferenza, è stata introdotta da Ettore Rossi, Coordinatore di Cives. “Oggi abbiamo di fronte – ha spiegato Rossi – due scenari: quello della città del tutto a casa e del tutto da casa, attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali e di connettività che ci consentono di lavorare da remoto, di acquistare prodotti e servizi online e così via; l’altra prospettiva è quella della città delle prossimità che è un organismo vivente nell’ambito del quale i cittadini che ne fanno parte agiscono in modo attivo e collaborativo e, soprattutto, intessono relazioni. È quella che ci piace chiamare prossimità intenzionale capace di realizzare comunità e dare sostanza al concetto della città dei beni comuni. Questo tipo di città promuove l’incrocio tra le reti brevi grazie alle quali i cittadini non si sentono soli con le reti lunghe che li collegano al mondo più ampio”.
“L’idea che si sta affermando in maniera maggiore – ha esordito Ivana Pais – è quella della città dei 15 minuti ovvero una città in cui tutti i servizi siano disponibili a breve raggio e raggiungibili dalle persone nella prossimità della propria abitazione. È un’idea efficace di cui apprezzo soprattutto il fatto che parla della città partendo dai cittadini, ovvero misurando la città sui passi dei cittadini.
Il fascino di quest’idea per tramutarsi in concretezza deve innanzitutto adottare una conoscenza raffinata del proprio territorio per comprenderne la fattibilità. Accanto a ciò è indispensabile analizzare l’organizzazione amministrativa della città per capire come aggiornare l’organizzazione stessa alla città dei quindici minuti”.
“Nell’ambito della città dei quindici minuti – ha continuato la docente dell’Università Cattolica – è importante definire anche alcune priorità, penso innanzitutto agli spazi fisici e alla loro interazione anche con dinamiche digitali. Avere nella propria prossimità spazi dove incontrarsi fa la differenza, soprattutto perché consentono l’integrazione tra comunità diverse. Allo stesso modo fa la differenza la presenza di persone che facilitino alcuni tipi di processi sociali: penso a figure nuove che attivino iniziative di inclusione e coinvolgimento sociale. La via che auspichiamo è quella della prossimità ibrida in cui le possibilità di incontro nel mondo fisico sono sostenute da interazioni in quello digitale; una prossimità resa possibile dalle tecnologie ma che le tecnologie da sole non possono sostenere. Un esempio è quello delle social street, che sono state definite strade anonime che diventano social-i e aiutano a trasformare i vicini in comunità”.
Ivana Pais ha concluso: “Su queste dinamiche si innesta un ruolo tutto diverso anche delle amministrazioni locali che non possono restare le stesse di sempre ma devono intervenire rispetto al governo e al sostegno di piattaforme digitali al servizio del cittadino e della collettività. In tal senso l’amministrazione può avere come prima opzione quella di regolare i processi innovativi, senza soffocarli, ma avendo la sensibilità adeguata a definire norme adeguate al loro sviluppo. Un’altra possibilità è quella di sostenere iniziative coerenti con il proprio mandato e le proprie finalità di visione strategica. La terza via è l’utilizzo diretto e l’appropriazione di certi tipi di processi, orientando le risorse proprie di un’amministrazione al sostegno di queste iniziative che diventano, di fatto, promossi dall’ente locale stesso”.
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