Periodo 1960-1968, Alberto Manzi porta sugli schermi della RAI il programma televisivo “Non è mai troppo tardi”.
Lo scopo è quello di abbassare il tasso di analfabetismo delle classi più umili, attraverso l’uso del metodo di associazione “immagine-parola”. L’insegnante davanti alla sua lavagna tende a fissare l’attenzione dei suoi allievi per facilitare la memorizzazione visiva.
Un programma altamente istruttivo, dove per la prima volta viene mostrata una comunicazione unilaterale a scopo formativo.
Cosa vi ricorda? Anno 2020, pieno periodo COVID19, introduzione della DAD (didattica a distanza) insegnanti che si ritrovano davanti ad uno schermo che sarà visualizzato da decine di occhi interdetti.
Un metodo improvvisato, spesso non all’altezza delle aspettative.
Ma cosa ha fallito davvero?
Sostanzialmente la differenza di un insegnate in carne ed ossa che è in grado di valutare ed intervenire tempestivamente su delle problematiche, risulta molto più “vicino” agli studenti.
Parliamo di rapporti umani, di quella fiducia che si crea tra insegnante ed alunno.
Trattiamo di ragazzi che frequentano scuole medie inferiori e superiori che non sono in grado di affrontare uno studio autonomo e autodidatta, che a tratti la DAD ha richiesto.
I bambini della primaria, per forza di cose hanno ritrovato nella famiglia la propria guida, ma gli altri?
Il flop sta probabilmente nel concetto stesso che ha visto l’ideazione della didattica in extremis.
L’insegnamento viene inteso come un sapere condiviso bilateralmente, questi mezzi di comunicazione annullano la proprietà biunivoca a causa di un’assenza di feedback di ritorno.
L’alunno ha compreso?
Possiamo sottoporlo a valutazione? In che modo e con quale griglia valutativa?
I concetti sono consolidati?
No. Non abbiamo nessun criterio oggettivo per portare avanti questa strada, quindi risulta difficile trovare nessi logici.
Da qui il coro della “Curva Sud” che si ribella al cosiddetto “6 politico” che entra in collisione con chi si è visto assegnare un Debito Formativo, a causa di assenze (spesso per problemi legati alle reti Internet o ai mezzi tecnlogici) o semplicemente per mancanza di confidenza con le mille piattaforme che hanno tolto il sonno a famiglie e ragazzi.
Compiti assegnati a qualsiasi ora, orari di lezioni improvvisati, assenza di organizzazione scolastica (ognuno gestiva a suo piacimento le lezioni).
Pedagogicamente la scelta è discutibile. E tanto.
I ragazzi si sono trovati allo sbando, non tutti gli insegnanti hanno aderito alla DAD.
Ma in cambio si richiedeva, a tratti anche pretendeva, una partecipazione e un impegno molto complesso, quasi a tempo pieno.
Le domande che il mondo dell’istruzione dovrebbe porsi iniziano ad essere altre.
Cosa dobbiamo fare per evitare di trovarci nuovamente impreparati?
Perché siamo tra i pochi paesi a non tenere il passo con la didattica tecnologica?
Cosa vogliamo pretendere dagli studenti se in quanto insegnanti/educatori non riusciamo a trasmettere tranquillità e serenità, nemmeno in frangenti così critici?
Preoccupiamoci meno dei programmi ministeriali e diamo più spazio ai ragazzi mettendoli nella condizione di poter lavorare bene, invogliamoli alla scoperta e al piacere dello studio.
1968… 2020…
Ben cinquantadue anni dopo la storia si è ripetuta, ma Alberto Manzi avrebbe avuto da insegnare a tutti noi in materia di comunicazione e senza una fibra ottica a disposizione.
Teniamo a mente la Storia, perché come un circolo si ripete sempre.
Historia magistra vitae est, la Storia è una maestra di vita, dicevano i latini.
Leave a Reply
Commenti recenti