di Nicola Tavoletta
La parola eleganza deriva dal latino, dai termini ex, tra, eligo, scelgo, quindi “scegliere tra”.
La scelta ci viene posta o ce la costruiamo su ogni questione quotidiana, qualsiasi, dalla colazione agli abiti da indossare. Il problema si verifica quando non abbiamo scelta e non possiamo determinare il nostro stile elaborato sulle motivazioni e sulla identità; ciò quando non siamo liberi di scegliere.
Qualche giorno indietro il calendario segnava la celebrazione del 25 aprile, una data che evoca la libertà della scelta democratica. Tra qualche mese, ad ottobre, torneremo alle urne per eleggere gli amministratori più importanti: i sindaci e i consiglieri comunali. Qualunque sia la riflessione o il commento, noi, comunque, abbiamo l’opportunità di scegliere tra più candidati e liste.
Le elezioni amministrative, fino a quelle per i Consigli regionali, sono ancora realmente democratiche, mentre ho perplessità su quelle politiche. Per i due Rami del Parlamento i sistemi elettorali successivi al 1992 non hanno sicuramente aiutato il confronto democratico, venendo addirittura mortificato con quelli in vigore dal 2006.
Per le amministrative sono convinto che un programma elettorale e la espressione rappresentativa dello stesso, incarnata da donne e uomini, debba riappropriarsi nel significato più autentico proprio di stile ed eleganza. Gli stessi elettori, proprio in questa fase storica sono chiamati a scegliere, eligere, esprimendo uno stile maturo e integrale. Quando una signora si veste, generalmente, sceglie con cura gli abiti e gli accessori da indossare, anche tra pochi, quindi esercita un discernimento stilistico per la valorizzazione fisica e psichica.
Lo stesso vale per un uomo. La trascuratezza è espressione di decadimento causato da traumi, qualsiasi. Le elezioni sono appunto anche una scelta stilistica, che dovrebbe esprimere quindi eleganza. Negli ultimi anni, però, mi è sembrato, che la maggior parte delle donne e degli uomini, in una frustrazione contagiosa, alcune volte immotivata, quasi di postura, abbiano indossato il primo straccio, mandando a “fare in quel posto” lo specchio, quindi non il mondo intero, ma se stessi.
La scelta quindi è discernimento, infatti ha senso avere l’opportunità di scegliere quando l’orientamento è ragionato. In caso fosse derivato da una reazione istintiva probabilmente la stessa libertà si svuoterebbe di significato. Negli ultimi anni, in alcune città, probabilmente non abbiamo esercitato il discernimento, ma sfogato una reazione rabbiosa, perdendo decoro, stile e quindi l’essenza della eleganza.
Rigetto la critica generalizzata alla politica, perché ci sono state tante realtà migliorate nei decenni scorsi, facendo riappropriare alle comunità stile e, appunto, un vero senso di eleganza, del saper scegliere. Solo alcuni esempi geograficamente vicini: Roma, Napoli, Salerno, Bari o Lecce trasformate da Rutelli, Bassolino, De Luca, Di Cagno Abbrescia o Poli Bortone, ma anche realtà più piccole come Gaeta, Fondi o Sperlonga.
Non dimentico la Formia degli anni ’90 che ritrovò i suoi gioielli archeologici e scoprì il beneficio di nuovi giardini, così come Latina, che in quegli stessi anni acquisì vivacità nel decoro urbano e molti più servizi. Oggi, dovendo scegliere, avendo la possibilità di scegliere il destino delle nostre città, proviamo ad esercitare il discernimento e chiediamo alla politica di offrire soluzioni adeguate perché sia sollecitata la nostra piena voglia di eleganza.
Siamo attenti agli abbinamenti, perché torni l’armonia, quindi la fiducia. Cerchiamo di apprezzare lo stile di quei politici che provano ad essere pazienti sarti, artigiani di opere. Donne e uomini che si applicano, che possano anche sbagliare, ma che dimostrino la capacità e la responsabilità della scelta. Senza scelta non vi è eleganza, lo dice la parola, ma ci rimane solo una indecorosa decadenza.
La politica non ha più bisogno di brillanti comunicatori, ma di stilisti, di sarti, di artigiani creativi e noi elettori dovremo avere la voglia di scegliere un elegante abito da far indossare al Noi che rappresentano le città. Proviamo anche ad essere vanitosi e curiosi, intenditori nel volerci bene, interpreti della vitalità della bellezza.
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