Il tema della sussidiarietà nella organizzazione dei servizi alla persona e quello della loro stessa co-produzione permette di aprire un dibattito profondo sulle modalità d’interazione tra di loro dei diversi interlocutori presenti sui territori all’interno di progettazioni sociali innovative e condivise.
In particolare tutto ciò assume un valore determinante quando nelle reti locali è prevista la partecipazione, non solo del privato sociale, della cosiddetta società civile e degli attori pubblici, ma anche la collaborazione del privato d’impresa. L’azione del privato d’impresa nella produzione di beni pubblici poggia le sue basi sul tema della responsabilità sociale d’impresa, intesa nella sua accezione di “creazione di valori pubblici da parte di attori privati”. Essa stessa si pone in una logica di “valori reputazionali”, ossia la “Responsabilità Sociale dell’Impresa” diviene elemento di distinzione e, di conseguenza, attraverso una migliore visibilità, contribuisce anche ad un miglioramento della stabilità economica della stessa impresa. La responsabilità imprenditoriale si manifesta attraverso specifiche azioni di rispetto che, al di la delle norme di legge, “contribuiscono a salvaguardare valori pubblici di natura sociale o ambientale o, viceversa, attraverso specifici investimenti capaci di aumentare le dotazioni di beni pubblici disponibile
Nell’analizzare le trasformazioni storiche dell’economia di mercato, in aree già caratterizzate da una forte penetrazione produttiva, è interessante soffermarsi sui possibili legami tra le Imprese, il “Terzo Settore”, i Bisogni di comunità e l’Azione del soggetto pubblico. Da una parte si fa riferimento al dibattito sulla social economy ed in particolare al “rafforzamento del Terzo Settore” in una logica che vede nella sua capacità di legare la produzione di valore sociale alla “produzione” di valore economico la chiave di volta che permetta di elaborare progetti economici-produttivi capaci di erogare servizi reali alle persone. A seguito della progressiva riduzione delle risorse economiche che lo stesso intervento pubblico mette a disposizione delle imprese sociali, attraverso logiche di public procurement sociale. Ci permette di esplorare e ribadire un ruolo centrale che può assumere l’idea di “Economia Civile”. I fondamenti dell’Economia Civile si basano sull’idea di “competizione nella sua versione latina del cum-petere, ovvero collaborare”, attraverso l’organizzazione di un’”economia per progetto” dove la capacità di creare valori pubblici – sociali e ambientali – “è frutto di una collaborazione allargata nella comunità, tra attori privati, cittadinanza attiva, consumatori e gestori dei servizi pubblici ed è sottoposta al vincolo di sostenibilità economica”.
Ed allora l’Economia Civile ci consente di costruire un’impresa a “movente ideale allargata e attiva all’interno di reti locali”, capace di coinvolgere progressivamente una “pluralità di attori e interlocutori e a ridisegnare il modo in cui dare risposte e continuità ai bisogni delle comunità locali, pur partecipando a processi di natura economica”. Le forme e l’organizzazione di queste imprese potrà variare in funzione dei contesti socio-economici e delle loro aree specifiche di lavoro. Sarà necessario contenere al suo interno le diverse anime, competenze e relazioni, “utili per assecondare la costruzione di processi produttivi veri”, in grado di assicurare una concreta sostenibilità economica e, allo stesso tempo, coinvolgere attori capaci di negoziare e controllare il rispetto di valori etici entro i quali assicurare la riuscita del progetto. Questioni che bene si adattano al tema dell’Impresa Sociale Innovativa, dove la “collaborazione aperta tra il mondo dell’impresa profit, dell’associazionismo, della cooperazione sociale, si sviluppa intorno alla dimensione di una “sostenibilità” economica basata su un forte imprinting di relazionalità, all’interno dei portatori di progetto e all’esterno con i consumatori e con la cittadinanza attiva”. Come si vede l’Economia Civile, per la sua stessa intrinseca impostazione concettuale, necessita di una profonda revisione dei valori propri di una comunità e di tutti coloro che “partecipano” attivamente ai processi decisionali ed operativi. La costruzione delle dinamiche virtuose si basa su di una razionalità che si fonda sulla fiducia reciproca. La capacità di organizzare reali strategie del “vincere insieme” (win win), ove le stesse idee di co-produzione e di sussidiarietà potranno trovare spazio in un’ottica di razionalità più complessiva ed aperta, ci permetterà di realizzare percorsi in grado di costruire progressivamente “fiducia e capacità collaborativa estesa tra una pluralità di attori”, nel contempo si dovrà pensare anche di attivare dinamiche promosse secondo logiche proprie della “gestione della transizione”. Ciò per non trovarsi scoperti nella fase che va dalla elaborazione progettuale alla concretizzazione gestionale ed operativa delle dinamiche innovati che prospettate.
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