Da tempo la galoppata del grande distillato solo italiano sembra non trovare rallentamenti. Non più una vecchia etichetta da “ubriaconi” ma distillato da grandi intenditori e raffinati degustatori.
Oggi la grappa è uno dei distillati più apprezzati ed affascinanti del mondo, un’acquavite di vinacce prodotta esclusivamente in Italia ed eccezionalmente nei territori della Svizzera italiana, così come stabilito e riconosciuto dalle normative europee. La grappa, infatti, per potersi chiamare davvero così deve essere realizzata distillando in Italia vinacce da uve prodotte e vinificate sul territorio nazionale. Del resto le tendenze e i numeri del mercato dicono che il made in Italy piace anche nelle bottiglie ad alta gradazione. E il mercato parla chiaro: 40 milioni di bottiglie vendute solo in Italia dimostra la dinamicità che incontra questo prodotto presso i consumatori, Tra i superalcolici la grappa da tempo ha più che doppiato il whisky, conquistando già da un decennio il ruolo incontrastato di leader. Anche il mercato estero risponde in modo incoraggiante e significativo, il primo mercato estero della grappa resta sempre la Germania che ne importo circa il 60% dell’intera esportazione.
Il distillato italiano per antonomasia è oramai un prodotto “alla moda”, decisamente ricercato e titolato per competere alla pari con i migliori cognac, i più prestigiosi whisky o i rhum di tendenza. Insomma buone notizie per gli appassionati e per i produttori. A commercializzare e “firmare” la grappa oggi sono in tanti, tantissimi, migliaia tra imbottigliatori e viticoltori che portano a distillare le loro vinacce. Per contro le distillerie vere e proprie sono poche, circa 150 in tutta Italia. Si pensi che alla fine dell’Ottocento erano quasi 200mila.
Un tempo la distillazione era solo a fuoco diretto, oggi praticamente scomparsa, con qualche sparuta eccezione. Oggi la distillazione di maggiore qualità avviene attraverso l’utilizzo di alambicchi discontinui, come quelli a fuoco diretto ma a bagnomaria. Rappresenta uno dei sistemi di lavorazione più antica e affascinante, permettendo una distillazione dolce, grazie all’acqua o al vapore che ammorbidiscono l’effetto del fuoco sulla caldaia. Lo stesso avviene, seppure in forma tecnicamente differente e meno dolce, anche con gli alambicchi discontinui a vapore, sicuramente i più diffusi oggi tra le distillerie italiane. Oltre agli alambicchi per la distillazione discontinua esistono anche quelli per la distillazione continua. È una pratica quest’ultima decisamente meno raffinata, che prevede una doppia distillazione per ottenere acquavite di vinacce.
Ma perché la grappa nasce proprio dalle vinacce? Sicuramente perché si trattava dello scarto della pigiatura del vino e nell’Italia contadina del passato era necessario trovare il modo per “non buttare via nulla”. Non si dimentichi infatti che l’origine della grappa è povera, ha radici plurisecolari in un mondo che non si sarebbe mai sognato di distillare vino, frutta o altro che potesse essere destinato a un consumo diretto. Alla povertà delle origini fa evidentemente da contraltare la grande fortuna della materia prima, delle vinacce: la buccia dell’uva è quella che meglio trattiene gli aromi e i profumi del frutto. Gli stessi che vengono restituiti in forma volatile alla grappa che ben più di altri distillati è ricca di aromi varietali, ovvero tipici dell’uva dalla quale provengono le vinacce. È una vera acquavite da degustare con il naso, ben prima che con il palato, soprattutto se parliamo di grappe morbide, fruttate, di monovitigno, ossia di vinacce provenienti da un unico vitigno.
Per semplificare, molto grossolanamente, possiamo dire che una “grappa giovane” esalta maggiormente gli aromi freschi dei vitigni dai quali proviene. Se è “monvitigno”, esalta gli aromi tipici di quel genere d’uva. Se è “aromatica” proviene dalla distillazione di vinacce di uve più o meno aromatiche come il Traminer, il Moscato, il Muller Thurgau. Da non confondere queste ultime con le grappe cosiddette !”aromatizzate” che invece sono realizzate arricchendole con erbe e frutti. E poi bisogna distinguere le grappe che invecchiano e maturano in legni. E allora avremo la grappa “invecchiata”, che per legge deve restare in botti di legno almeno per 12 mesi; la “stravecchia” o “riserva” almeno 18 mesi. Le grappe affinate in legno risultano essere normalmente di colore giallo o dorato, a differenze di quelle giovani che non hanno ricevuto il legno che appaiono decisamente “bianche”.
E il grado alcolico? Per legge non sono stabiliti limiti massimi, se non quelli stabiliti dal buon senso e dalla piacevolezza, alcuni produttori superano addirittura i 50 gradi alcolici. Naturalmente parliamo di casi limiti, di norma il contenuto alcolico per le grappe oscilla tra i 47,5 e i 40% vol.
E Buona degustazione!
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