LA FONDAZIONE DONNAREGINA PER LE ARTI CONTEMPORANEE – MUSEO MADRE E GUCCI PRESENTANO “IL RESTO DI NIENTE”, UNA MOSTRA COLLETTIVA DEDICATA ALLA RELAZIONE TRA I CONTESTI ARCHITETTONICI E LE ESPERIENZE IDENTITARIE ED EMOTIVE CHE LI ABITANO. GLI ARTISTI PRESENTATI IN MOSTRA REALIZZANO UN RACCONTO CORALE, FATTO DI INSTALLAZIONI, FOTOGRAFIE, MODELLI, OPERE SONORE, VIDEO, SCULTURE DI NEON, SCHIZZI ARCHITETTONICI E GRANDI DISEGNI.
Artisti partecipanti: Vincenzo Agnetti (Milano, 1926 – 1981) / Giulio Delvè (Napoli, 1984) / Özgür Kar (Ankara, 1992) / Donatella Mazzoleni (Firenze, 1943) / Franco Mazzucchelli (Milano, 1939) / Jim C. Nedd (italo- colombiano, 1991) / Sara Persico (Napoli, 1993) / RM (Bianca Benenti Oriol e Marco Pezzotta, duo fondato a Ginevra, 2015) / Aldo Loris Rossi (Bisaccia, 1933 – Napoli, 2018) / Domenico Salierno (Napoli, 1967) / Nanda Vigo (Milano, 1936 – 2020) / Angharad Williams (Ynys Môn, 1986) / Tobias Zielony (Wuppertal, 1974).
Il progetto prende il titolo dall’omonimo romanzo del 1986 di Enzo Striano che racconta la vita di Eleonora de Fonseca Pimentel e la rivoluzione del 1799 che porta alla nascita della breve Repubblica Napoletana. Tra soggettività e storia, il libro parla della possibilità di trasformazioni sociali e antropologiche in un’epoca di fortissimo cambiamento per la città partenopea.
La mostra parte da uno sguardo sul lavoro di uno dei protagonisti più visionari della scena architettonica italiana della seconda metà del Novecento, Aldo Loris Rossi, che sviluppa a partire dagli anni Sessanta un radicale discorso estetico e politico sull’architettura e l’urbanistica anche, e soprattutto, di Napoli. Sono esposti infatti numerosi disegni di progetti che Rossi concepisce, spesso insieme a Donatella Mazzoleni, coniugando forme organiche, passionalità espressionista e ascendenze futuriste e costruttiviste. Progetti come la Casa del Portuale (1968-1980) e il complesso residenziale di Piazza Grande (1979-1989 si inseriscono nel panorama urbano napoletano, vividi esempi di architettura brutalista, e appaiono come enormi e autonome astronavi, ideate nel solco delle utopie del secondo dopoguerra. Ripensando al futuro che quelle costruzioni prospettavano, e guardando all’immaginario che oggi creano (vi sono ambientate, per esempio, alcune tra le più famose serie televisive e video musicali realizzati a Napoli), questi edifici sono spunto per una riflessione sull’abitare e le sue implicazioni affettive. Chi li abita? L’esperienza di viverli ha contribuito per gli individui alla creazione di un particolare lessico emotivo? Includono o escludono? Sono “distopie concrete” o promesse da riformulare?
Nella loro bellezza sospesa come una capsula spaziale, i progetti architettonici mostrati nel percorso espositivo chiedono e trovano nelle opere di artisti visivi di diversa provenienza e generazione risposte, interpretazioni, eco, riprese… L’interazione più diretta con questi temi è quella di Tobias Zielony, che già ha all’attivo un progetto di ricerca video e fotografico dedicato alle Vele di Scampia a Napoli, e che in occasione della mostra ha realizzato una serie di scatti dedicati ad alcune delle più celebri costruzioni di Rossi con Mazzoleni. Altrove, nelle sale, con le opere di Vincenzo Agnetti e Nanda Vigo, artisti di una generazione vicina al periodo dell’architettura utopica, si creano dei paralleli, rispettivamente concettuale e cosmogonico, con il lavoro di Rossi. Dove Jim C. Nedd, RM e Domenico Salierno raccontano dimensioni emotive, dolci e desolate dell’abitare oggi, Giulio Delvè e Özgür Kar invece presentano opere che esplorano il pericolo di sentirsi esistenzialmente intrappolati. Sara Persico trasla nel sonoro la ruvida dimensione urbana che Angharad Williams ritrae attraverso la dimensione impermanente del riflesso su un’automobile. Franco Mazzucchelli concepisce le sue sculture gonfiabili come dispositivi di occupazione dello spazio vissuto e condiviso, che riempiono gli spazi espositivi del Madre.
“Il resto di niente” si inserisce e arricchisce di spunti poetici in uno dei filoni di ricerca e attività inaugurati al Museo Madre nello scorso anno e dedicati a osservare Napoli come una metropoli mediterranea che sta reinventando la narrativa con cui concepirsi e raccontarsi, con nuove scene e nuove stereotipie. Questo ambito di indagine è stato avviato con la commissione e pubblicazione del libro fotografico “Napoli” di Giovanna Silva (Mousse Publishing, 2023), e verrà sviluppato in un programma di conferenze a partire dal mese di giugno per proseguire fino all’autunno 2024.
La mostra si avvale della collaborazione degli Archivi di Ateneo dell’Università degli studi di Napoli Federico II; dell’Archivio Vincenzo Agnetti, Milano; dell’Archivio Nanda Vigo, Milano.
La mostra sancisce la ripresa dell’attività espositiva del Museo, dopo l’interruzione per consentire la prima fase di lavori e opere di manutenzione straordinaria; costituisce inoltre un esempio virtuoso di prima collaborazione pubblico privato intrapresa dal Madre, collocando l’istituzione al centro di un dialogo proficuo e rispettoso tra il mondo dell’arte e quello delle imprese. Testimonia inoltre la forte volontà, da parte di Gucci e del suo Direttore Creativo, di creare una sinergia con un’istituzione che ne rispecchi i valori estetici e artistici.
Tobias Zielony “Overshoot 1”, 2024 stampa cromogenica Courtesy dell’artista e Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli“
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