Per vini passiti vuole intendersi quei vini realizzati da uve disidratate in parte per favorire la concentrazione degli zuccheri.
Questo risultato può essere ottenuto anche sulla pianta stessa, tardando la vendemmia di alcune settimane, a volte anche per agevolare il formarsi della muffa nobile, cosiddetta Botrytis cinerea: Mentre si concentrano zuccheri, specie il saccarosio, profumi e pigmenti, gli acidi in parte si consumano.
Di norma per ottenere i vini passiti si preferisce vendemmiare un po’ in anticipo, scegliendo le uve migliori che vengono poi poste su graticci, oppure appese verticalmente lungo fili che partono dal soffitto. A volte le uve sono appassite al sole o in essiccatoi ad aria forzata.
Durante questo periodo di appassimento l’uva subisce evaporazione di acqua con conseguente concentrazione di zucchero (fino a 30-40 °C). È appunto in questo stadio che si sviluppa la muffa Botrytis cinerea, la quale consuma molti acidi dell’uva e produce glicerina in abbondanza.
In genere la vinificazione avviene a fine dicembre o a febbraio, in alcuni casi nella settimana di Pasqua (ecco perché il nome di vino santo).
La fermentazione alcolica avviene a basse temperature e per questo motivo procede con molta lentezza fino a durare anche 2-3 mesi. I passiti sono da considerarsi vini “costosi”, non fosse altro che perché da 100 kg di uva fresca si ottengono circa 0 kg di uva passita dalla quale si ricavano appena 25-30 kg circa di vino.
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