Anche i Tedeschi fanno del Grand Tour in Italia una vera e propria istituzione. Nel Seicento la maggioranza dei viaggiatori teutonici scrive i propri resoconti in latino, nonostante la letteratura in lingua tedesca abbia, per tutto il XVII secolo, una produzione letteraria rigogliosa.
Il latino infatti è considerato più idoneo alla narrazione e alla descrizione di contesti che si identificano con il Paese della memoria e dell’antico. Tra gli amanti della latinità un posto di rilievo assume il viaggio del poeta Paul Schede che trascorre, fino al 1850, tre anni in Italia. I suoi Epigrammata in urbes Italiae (1585) ripercorrono il suo itinerario umanistico. Partendo da Padova Schede raggiunge Verona, Modena, Mantova e Ferrara. Poi spingendosi a sud e seguendo la via adriatica arriva a Fano ed Urbino per poi intraprendere la via Flaminia che da Terni lo condurrà a Roma. Risalendo la Penisola, visita infine Siena, Firenze, Pisa e Lucca.
Un’Italia quindi simile a quella che conoscono Reuchlin, Peutinger, Rabelais, Erasmo e tanti altri dotti d’Europa che considerano il Bel Paese culla della civiltà e meta che non si può escludere nell’esperienza mondana, nella labirintica avventura della conoscenza. Una tradizione diaristica in cui serpeggia inoltre un sentimento religioso, di devozione alla Roma dei giubilei e che rende più difficile la distinzione tra il viaggio del pellegrino e quello del Kavalier. Sarà Martin Lutero a segnare lo spartiacque tra questi due tipi di viaggiatori con le sue pagine infuocate dedicate a Roma. E se la Reiseliteratur fino alla soglia del Settecento è prevalentemente scritta in latino, il moderno viaggiatore tedesco è quello che scrive nella sua lingua. In questo modo afferma la propria autonomia da Roma e si riconosce nella sua identità nazionale che si va affermando in Europa a partire proprio dagli anni della Controriforma. L’Italia non è solo patria della tradizione classica ma connota nel corso del Settecento come paese del dolce clima, dei paesaggi assolati, dell’arte.
Questa componente protoromantica sarà essenziale nella letteratura che prelude lo Sturm und Drang. Con i viaggiatori tedeschi inizia l’interesse per il Sud dell’Italia. Al barone Johann Hermann von Riedesel si deve la scoperta della Puglia, considerata allora semioscuro angolo della Penisola, descritta nel Reise durch Sizilien und Grossgriechenland (Viaggio attraverso la Sicilia e la Magna Grecia). Von Riedesel si imbarca a Napoli nel marzo del 1767, giunge a Palermo ma ignora la città, concentrandosi su Agrigento e Siracusa, tappe centrali del suo peregrinare religioso alla ricerca delle radici dell’antico. Da Porto Empedocle si imbarca per Malta e dopo aver visitato l’isola dei Cavalieri tocca la costa orientale a Siracusa: il teatro e il suo contesto è spettacolo che lo commuove. Da lì risale a Messina e passa in Calabria. Servendosi di un’imbarcazione, e con puntate verso l’interno, costeggia lo Ionio.
Visita Crotone, Sibari e Taranto dove giunge il 20 maggio. Von Riedesel ha il piglio del grande esploratore e grazie al suo spirito arguto emerge per la prima volta il volto autentico delle regioni del Meridione. Resta affascinato dalla Puglia e l’interesse per il paese “reale” piuttosto che classico si fa più vivo. Pago com’è di quanto gli ha offerto di antico la Sicilia, il barone diventa più disponibile a divagare su temi di interesse generale: la sua attenzione si sposta ai costumi, alle popolazioni, ai riti delle genti pugliesi. Descrive paesaggi, campagne, paesi, borghi, contrade. Gallipoli “è una piccola città di ottomila abitanti, dei quali molto sono ricchi; del resto è molto ben costruita… è distaccata dalla terra, e forma, quasi, un’isola, unita al continente per mezzo di un ponte. Questa piccola città fa il più gran commercio di olio, di tutta la provincia di Otranto, sia per la qualità, come per la quantità”. A Leuca decide di lasciare la “speronara”, una piccola barca di cui si è servito negli spostamenti per mare elogiando i poveri ma onesti e devoti marinai che l’hanno condotta.
Sulla via per Otranto descrive una campagna “fertile di olivi, la pastorizia è molto rinomata, come la lana e la qualità dei montoni, che pascolano in un terreno molto secco. I dintorni di Otranto sono deliziosi: vi sono molti vigneti e giardini; la città è piccola, e non contiene, se non tremila anime”. Da Otranto giunge a Lecce. “I villaggi tra Otranto e Lecce sono i più belli di tutta l’Italia; le chiese e le case sono costruite, con una pietra bianca, che rassomiglia alla pietra di Malta; peccato che in tutti questi edifizii, regna il più brutto gusto gotico; il paese è molto ben coltivato, e sembra un giardino continuo”. Nonostante un così netto rifiuto dell’architettura locale “Lecce è, dopo Napoli, la più bella e la più grande città del reame, e quantunque non abbia che quindicimila abitanti, potrebbe comodamente contenerne ottantamila. Le vie sono larghe e ben pavimentate; le chiese come le case, sono costruite, con una pietra bianca, che si trova sul posto…”.
La campagna è ricca, ripete, attraversando queste terre. Rimane colpito nello scoprire rovine di grandi dimensioni che non riesce, all’inizio, a definire nella loro funzione. Ad Ostuni si accorge che si tratta di serbatoi d’acqua. La siccità, scrive, è uno dei problemi di questa fiorente agricoltura, un problema storico della Puglia e del Mezzogiorno che dovrà attendere circa due secoli per venire, solo in parte, risolto. Prosegue il tour. A Bari resta colpito dalla laboriosità delle genti: “vi si lavora bene il vetro, e vi si fabbricano molte tele di lino e cotone”. Lascia Bari e arriva a Barletta, “per una delle più belle e deliziose vie: somiglia a quel cammino tanto celebrato, che conduce da Ginevra a Losanna in Isvizzera”. Alla fine del suo peregrinare la Puglia gli appare “così celebre per la sua fertilità, e per l’abbondanza che vi regna”.
Merito del barone Von Riedesel è aver scoperto una regione semisconosciuta della Penisola. Sulla sua rotta si muoveranno infatti altri viaggiatori non solo tedeschi, e il puzzle dell’Italia andrà a poco a poco uniformandosi. Prima del barone era idea generale che oltre Napoli ci fosse una confusa e sconfinata landa che solo i pochi audaci avevano avuto l’ardire di percorrere. Von Riedesel contribuì col successo del suo testo a squarciare i veli di questa tenebrosa mitologia preromantica.
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