di Giovanni Loche

Terreno fertile per i complottisti e i creduloni da fake news, con l’era Covid sono esplose e non sembra vogliano rallentare la loro inarrestabile corsa.

Il terreno è decisamente fertile soprattutto per le persone più ingenue e credulone: “perché queste hanno più difficoltà nel discriminare tra notizie false e vere, e hanno maggiori probabilità di percepire le news false come vere e di prendere per buone le bufale sul Covid”.

È Quanto sostiene uno studio dell’University College London, pubblicato su ‘Plos’, con l’obiettivo di analizzare “i processi socio-cognitivi associati a due delle questioni più urgenti della salute pubblica globale nell’era digitale contemporanea: l’allarmante diffusione di notizie false e il crollo della fiducia collettiva nelle fonti di informazione”, e poi analizzare evidenziando “i possibili meccanismi psicologici che operano nel modellare le risposte degli persone alle informazioni che circolano”.

Le numerose teorie del complotto post-Covid hanno guadagnato molta attenzione negli ultimi anni. Una delle più diffuse è quella del “Grande Reset”, suggerisce che la pandemia sia stata orchestrata da un gruppo di élite globali per instaurare un nuovo ordine mondiale. Questa teoria è stata alimentata da eventi come l’Event 201, una simulazione di pandemia organizzata nel 2019, che alcuni complottisti hanno interpretato come una prova generale per la vera grande “Pandemia del secolo”.

Al complottismo globalizzato si affianca il proliferare dei modelli più sofisticati di “Fake News Model” che sembrano avere terreno fertile soprattutto tra lo strato della popolazione più ingenua e credulona: “perché queste hanno più difficoltà nel discriminare tra notizie false e vere, e hanno maggiori probabilità di percepire le news false come vere e di prendere per buone le bufale sul Covid”, viene evidenziato nello studio dell’University College London. I ricercatori dell’Università britannica hanno intervistato 705 persone, di cui 502 adulti, residenti nel Regno Unito. Dalla ricerca si evince che “gli individui con un’elevata credulità erano più in difficoltà nel discriminare tra notizie false e vere e avevano maggiori probabilità di percepire le news false come vere e di prendere per buone bufale sul Covid”.

L’obiettivo dichiarato dai ricercatori è stato quello di spiegare come si siano evoluti “i processi socio-cognitivi associati a due delle questioni più urgenti della salute pubblica globale nell’era digitale contemporanea: l’allarmante diffusione di notizie false e il crollo della fiducia collettiva nelle fonti di informazione”, facendo emergere “i possibili meccanismi psicologici che operano nel modellare le risposte delle persone alle informazioni che circolano”.

Ricordiamo che un’altra teoria popolare è quella che collega il Covid alla tecnologia 5G. Queste teorie, sebbene prive di basi scientifiche. Hanno trovato terreno fertile tra gruppi anti-vaccinisti e seguaci di movimenti complottisti come QAnon.

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