«Ricordare per non dimenticare, testimoniare affinché le giovani generazioni comprendano che la conoscenza della Shoah sia un dovere morale e civile. È necessario abbandonare l’indifferenza, prendere parte, dibattere, meditare perché non venga sottovalutato un periodo storico caratterizzato dall’orrore di ciò che è stato uno dei più grandi genocidi, se non il più grande, che la storia annoveri e di cui si abbia contezza. Accadimenti raccapriccianti che resteranno impressi nella memoria di ognuno di noi.
Il 27 gennaio del 1945, le truppe sovietiche fecero il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz. Furono i primi testimoni oculari delle crudeli e spietate persecuzioni perpetrate a danno del popolo ebraico, deportato in massa nei campi di concentramento e sterminato a seguito della cosiddetta “soluzione finale”, decisa e messa in atto dai nazisti.
La Legge 211 del 20 luglio 2000 ha istituito una giornata commemorativa, il 27 gennaio, “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
In questa giornata, ogni anno, sono tante le iniziative promosse, anche e soprattutto nelle scuole. Un segnale d’attenzione importante, direi fondamentale.
Per comprendere fino in fondo quanto sia avvenuto, significative sono le testimonianze di coloro che hanno vissuto quei giorni, sempre più poche, in verità, man mano che passano gli anni. Nella nostra terra, in Molise, abbiamo avuto un autorevole testimone dell’Olocausto che, in più occasioni, ci ha offerto interessanti spunti di riflessione. Il commendatore Giovanni Tucci, venuto a mancare lo scorso mese di dicembre, ha dedicato gran parte della propria vita alla narrazione dell’esperienza diretta da lui vissuta in un campo di lavoro in Polonia. L’ha fatto nelle scuole, parlando agli studenti nel corso di eventi e convegni, con pacatezza, umanità, ma, allo stesso tempo, con determinazione e grandi capacità comunicative ed evocative.
Il vissuto di don Giovanni, che ricordiamo sempre con rispetto e ammirazione, rimanda, tra l’altro, ad un’altra evidenza storica poco nota. Non tutti sono a conoscenza che alcuni comuni molisani furono scelti per la localizzazione dei campi di concentramento che il regime fascista individuò in alcune zone dell’Italia centrale e meridionale, ritenute non strategiche dal punto di vista militare. In essi, secondo le leggi dell’epoca, avrebbero dovuto essere internati “sudditi nemici atti a portare le armi o che comunque potessero svolgere attività dannosa per lo Stato”. In effetti, vi furono rinchiusi, in condizioni disumane, ebrei, cittadini di altre nazionalità, minoranze etniche, oppositori del regime.
Una brutta pagina che, insieme alle leggi razziali e alla deportazione degli italiani di origine ebraica, ha coinvolto, purtroppo, in azioni esecrabili anche l’Italia fascista e monarchica di quegl’anni.
Violenza, terrore, atrocità non hanno confini territoriali, temporali e ideologici. La memoria, la ricostruzione fedele degli eventi, l’introspezione dei fatti filtrati da un patrimonio di democrazia acquisito e consolidato, la maturità e la consapevolezza che taluni abomini non debbano più accadere e occorra essere sempre vigili per prevenirne eventuali recrudescenze, sono sicuramente motivo di crescita e di miglioramento per la società e attualizzano, al di là del ricordo, il messaggio profondo insito nella celebrazione di questa giornata».
L’intervento del presidente della Regione Molise, Donato Toma, in occasione del Giorno della Memoria, che si celebra il 27 gennaio di ogni anno.
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