di Carlo Iannello
L’articolo su “Repubblica Napoli” di Sandro Staiano sul processo di attuazione del Pnrr pone una questione centrale per il futuro del Mezzogiorno d’Italia, quello cioè dei fondi destinati al Sud.
Pare opportuno fare un passo indietro per ricordare che la principale motivazione per la quale l’Unione europea ha destinato ingenti finanziamenti all’Italia si è fondata sui grandi divari di cittadinanza e di reddito che esistono nel nostro Paese rispetto agli altri Stati europei. In sintesi, se lItalia ha avuto un importante finanziamento ciò è dovuto soprattutto all’irrisolto nodo del dualismo economico tra il Nord e il Sud del Paese, in cui oltre 20 milioni di cittadini vivono con redditi al di sotto della media europea. Proprio per colmare questo divario, l’Europa ha allargato i cordoni della borsa, trasformando l’emergenza sanitaria per il Covid in un’occasione per risolvere un problema strutturale del Paese.
Se ne desume che la maggior parte dei finanziamenti del Pnrr sarebbe dovuta andare a favore del Sud. Ma, come noto, ciò non è avvenuto perché al Sud sono stati attribuiti circa il 40 per cento dei fondi, cioè 82 miliardi.
Tuttavia, ha ricordato giustamente Sandro Staiano, questa cifra è scritta solo sulla carta. A dispetto della percentuale in astratto allocata dal piano in favore delle regioni meridionali, infatti, solo un quarto di questa somma (cioè circa 20 miliardi di euro) arriverà con certezza al Sud. Il resto dei fondi, che dovrebbe essere erogato al Mezzogiorno, è sottoposto a una serie di precise condizioni politico-istituzionali, che rende aleatoria la destinazione perché non è affatto detto le stesse condizioni si verifichino.
Si prenda, ad esempio, il caso dei finanziamenti per la manutenzione delle reti idriche che si trovano in uno stato di degrado in tutto il territorio nazionale, ma ancora più bisognose di interventi proprio nel Sud, a conferma della motivazione sopra richiamata. Sia il Pnrr che una precisazione del ministero della Transizione ecologica hanno chiarito che le somme stanziate saranno assentite solo a condizione che le opere da manutenere ricadano in ambiti di erogazione del servizio idrico in cui sia intervenuto un affidamento conforme alle normative che da tempo mirano ad introdurre la concorrenza nel settore idrico.
Questa precisazione non è affatto banale e determinerà un effetto discriminatorio. Saranno, infatti, proprio i cittadini delle regioni meridionali, che avrebbero maggiore necessità di questi finanziamenti, a vederseli sottratti in favore di quelli delle regioni settentrionali, perchè nel Sud permangono molti casi di gestione diretta del servizio idrico. Ciò, si badi, in assenza di un esplicito divieto di gestione diretta da parte del diritto europeo. Nel Nord, invece, a partire dall’inizio degli anni Novanta, si andato via via configurando un sistema di gestione industriale misto pubblico privato, che ha peraltro suscitato non pochi problemi di compatibilità con il diritto europeo.
Questo è ovviamente uno dei tanti casi, ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Basti rimandare agli articoli, tra gli altri, di Gianfranco Viesti, di Adriano Giannola e di Sergio Marotta che, fra le altre cose, hanno spiegato come pure per la Tav si determinerà un sotto finanziamento del meridione, nonostante la minore estensione della rete ferroviaria meridionale.
Le preoccupazioni di Sandro Staiano si aggiungono così a quelle già formulate da altri autorevoli intellettuali meridionali, richiamando le classi dirigenti del Sud alle loro responsabilità e a un rinnovato impegno meridionalista, del quale l’Osservatorio che propone Staiano può essere un utilissimo strumento.
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