Le modifiche introdotte al Codice della crisi dal Decreto Correttivo ter, rendono ancora più efficace l’accesso agli strumenti di regolazione di crisi e insolvenza delle imprese, e nel contempo solidificano le ragioni etiche che sono alla base dell’utilizzo dello strumento di Composizione negoziata della crisi d’impresa.

Ammontano a 38 miliardi di euro i prestiti bancari non restituiti dalle imprese italiane, questi sono i dati che emergono da un rapporto del Centro studi di Unimpresa sui crediti deteriorati o non performing loan (NPL).  Nel contesto bancario, i “non performing loan” sono conosciuti anche come “crediti deteriorati” o “crediti inesigibili”. Questi includono mutui, finanziamenti e prestiti per i quali non è certo se e quando avverrà il rimborso.

Il mancato adempimento può riguardare sia il capitale prestato sia gli interessi maturati. In pratica, si tratta di esposizioni finanziarie verso individui o aziende che si trovano in uno stato di insolvenza o in condizioni finanziarie critiche che li rendono incapaci di onorare i loro obblighi di rimborso.

Interviene sul tema proprio il presidente di Unimpresa Irpinia Sannio Ignazio Catauro, il quale precisa che “I crediti deteriorati rappresentano un problema significativo non solo per le banche, ma anche per le imprese in quanto determinano un impatto negativo sulla vita stessa dell’impresa che si vede impossibilitata a continuare nella sua stessa attività imprenditoriale. Le conseguenze negative – continua Catauro – si estendono anche ad altri settori dell’economia di un territorio, poiché ostacolano lo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro. Si tratta di un mix pericolosissimo per le imprese soprattutto della nostra regione, perché appartenenti ad un tessuto già di per sé fragile da questo punto di vista”.

E qui entra in campo un importante e per certi aspetti fondamentale strumento messo in campo dallo Stato italiano, quello che viene comunemente indicato come Codice della Crisi d’Impresa.

I Correttivi introdotti dal nuovo Decreto sanciscono importanti novità finalizzate a potenziare ulteriormente e rendere più efficace il processo che consente l’emergere dei segnali delle crisi aziendali. Gli strumenti ribaditi ed evidenziati sono: l’utilizzo degli adeguati assetti, e l’accesso e l’uso delle procedure e degli strumenti di regolazione della crisi.

“Il prossimo autunno – continua il presidente Unimpresa Irpinia Sannio Catauro – si prevede piuttosto caldo su questo fronte: aumento delle materie prime e una forte crisi di liquidità da parte delle nostre piccole imprese accentuerà significativamente le sofferenze verso le banche, ma anche nei confronti dello Stato”.

La notizia che più preoccupa è proprio quella che vede in Italia, i fallimenti delle imprese in aumento del 13,4% nel primo semestre del 2024, infatti le liquidazioni giudiziali, che nel nuovo diritto fallimentare vanno a sostituire i fallimenti, registrano un valore in crescita a doppia cifra (+13,4%) rispetto allo stesso periodo del 2023.

A livello settoriale soffre di più il mondo del commercio, seguito da quello dei servizi, e dell’edilizia, che al di là delle agevolazioni e dei bonus è più soggetto a fallimenti.

Naturalmente – precisa Catauro – non è una novità che la percentuale di imprese che versa in situazioni di difficoltà resta più alta nelle regioni del Mezzogiorno, ed in particolare in Campania. Il futuro non è facile da prevedere, in anni in cui si susseguono fattori turbativi totalmente inattesi, quindi le imprese non possono che attrezzarsi per governare l’incertezza”.

I principali fattori che hanno causato l’aumento delle crisi aziendali e dei fallimenti sono in primis l’aumento dei tassi di interesse, i rincari delle materie prime, e il rallentamento dell’economia globale. Tutti fattori che hanno avuto come conseguenza la diminuzione delle riserve di cassa, il peggioramento dei termini di pagamento e l’incremento delle insolvenze. Naturalmente il protrarsi di questa debolezza potrebbe mettere a dura prova le imprese e potrebbe provocare un ulteriore aumento delle insolvenze aziendali nei prossimi anni.

“Quello che più preoccupa – annota il presidente Ignazio Catauro – è il persistere della riduzione dei margini di profitto che si aggiungono a condizioni di finanziamento più rigorose. Tutte queste variabili stanno facendo sentire il loro effetto sulle imprese che si ritrovano ora a dover fare i conti con livelli di debito elevati che, in un mercato con tassi di interesse più alti, rappresentano una criticità tutt’altro che trascurabile”.

Alla luce di tante criticità potrebbe assumere un ruolo di estrema importanza proprio l’uso dei nuovi strumenti messi a disposizione delle imprese per la cosiddetta “Composizione negoziata  della Crisi” come previsto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza. Una norma che facilita alle imprese e agli imprenditori sani di prevenire l’insolvenza di fronte a difficoltà finanziarie o eventi imprevedibili e che allo stesso tempo mira a offrire agli imprenditori insolventi una seconda opportunità.

“Per questo motivo – ricorda il presidente Ignazio Catauro – i temi affrontati dal Decreto Correttivo sono di straordinaria importanza perché consentono, attraverso la composizione negoziata della crisi, di applicare tutti gli strumenti utili finalizzati ad un reale ed effettivo risanamento aziendale, consentendo in questo modo di assumere percorsi virtuosi ed alternativi alla liquidazione giudiziale dell’impresa interessata”.

Il Decreto definisce in modo definitivo le misure, gli accordi e le procedure, diversi dalla liquidazione giudiziale e dalla liquidazione controllata, volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere proceduti dalla composizione negoziata della crisi.

Le finalità delle nuove disposizioni introdotte hanno il dichiarato obiettivo di: venire incontro alle esigenze di chiarimento sorte tra gli operatori della materia, tramite disposizioni di natura tecnicamente “correttiva”; emendare quelle disposizioni in cui sono stati riscontrati errori materiali o rispetto alle quali è emersa la necessità di aggiornare i riferimenti ad altre norme del CCI, tramite disposizioni c.d. “di coordinamento”; migliorare – tramite vere e proprie disposizioni di natura “integrativa” – la comprensione dei nuovi istituti e di agevolare l’efficienza del sistema di gestione della crisi e dell’insolvenza tenendo presente la prospettiva adottata dal legislatore europeo in termini di agevolazione della ristrutturazione precoce, dell’esdebitazione e di procedure liquidatorie rapide ed efficienti.

Un vero e proprio cambio di paradigma rispetto alla precedente norma fallimentare, si può parlare di confronto tra vecchio e nuovo mondo: mentre nel vecchio mondo l’attenzione della norma era rivolta unicamente alle aziende in stato di insolvenza, che fallivano; in quello nuovo l’attenzione è focalizzata sulle imprese, valorizzando la continuità aziendale in quanto bene giuridico da tutelare.

“Per questi motivi il Codice della crisi – sottolinea Catauro – potrebbe anche essere definito senza affatto stravolgerne il senso, ma anzi rafforzandolo, come un vero e proprio Codice dell’Imprenditore”.

Quindi, il passaggio è dalla morte alla vita dell’impresa e tutto ruota intorno al concetto di azienda sana, ovvero dotata di concrete prospettive di risanabilità e opportunità, il cosiddetto fresh start già previsto nel chapter 11 del Bankruptcy Code anglosassone a tutela della continuità di attività e utili.

L’adeguamento al Codice della crisi porta all’impresa numerosi vantaggi: spinge l’imprenditore a elevare il suo livello di consapevolezza e di controllo dello stato di salute della sua azienda, alimenta quella sana curiosità che dovrebbe naturalmente avere nel capire le dinamiche base del suo modello di business, e aiuta l’imprenditore a prendere consapevolezza delle sue responsabilità civili e penali. Nel contempo lo spinge a pianificare le attività in azienda e gli obiettivi del proprio business, costringendolo ad affrontare le criticità e proteggendolo parallelamente sotto gli aspetti civile e penale in caso si verifichino quei rischi di impresa non colposi.

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