ECCO PERCHÉ L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA PUÒ FUNZIONARE: DAL 2022 SINDACI E GOVERNATORI TAGLIANO IL “ROSSO” DA 117 A 110 MILIARDI, MENTRE IL DEBITO STATALE È SALITO DI 229 MILIARDI (+8,6%). IL PRESIDENTE FERRARA: «DECENTRAMENTO NON VA DEMONIZZATO, MA GESTITO CON CAUTELA»
Finanza pubblica italiana a due velocità e in direzioni opposte: profondo rosso per i conti dello Stato; comuni, province e regioni con bilanci virtuosi. Mentre gli enti territoriali sono riusciti a ridurre il “buco” nei bilanci di 7,1 miliardi di euro tra settembre 2022 e settembre 2024, nello stesso arco di tempo l’amministrazione centrale ha vistosamente peggiorato l’andamento delle finanze, con il “rosso” cresciuto di ben 228,7 miliardi. Negli ultimi 24 mesi, il debito pubblico italiano ha seguito due traiettorie opposte nei diversi livelli della pubblica amministrazione. Da un lato, lo Stato centrale ha visto crescere il proprio indebitamento con un aumento dell’8,6%, passando da 2.669,7 miliardi a 2.898,4 miliardi.
Dall’altro, regioni, province, e comuni hanno ridotto il proprio debito del 6,1%, scendendo da 117,5 miliardi a 110,4 miliardi. È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, che prende in esame l’andamento delle finanze statali e locali negli ultimi due anni. Analizzando nel dettaglio i comparti “sani” della pubblica amministrazione, spiccano anzitutto i risultati delle regioni: dai 39,38 miliardi di settembre 2022, il deficit di bilancio è sceso di 2,12 miliardi (-5,4%) raggiungendo quota 37,25 miliardi a settembre 2024 con un risparmio mensile medio di 88 milioni.
Bene l’andamento dei conti anche per le province: dai 5,72 miliardi del 2022, il debito è sceso a 5,37 miliardi, con una riduzione di 343 milioni (-6,0%), pari a un risparmio medio mensile di 14 milioni. Il “rosso” dei comuni, poi, è diminuito del 6,6%, calando da 33,04 miliardi a 30,88 miliardi, con una riduzione di 2,16 miliardi. In media, ogni mese, sui bilanci degli oltre 8mila comuni del nostro Paese sono stati risparmiati 90 milioni.
Positivo il ritmo anche per gli altri enti locali, con il disavanzo complessivo calato del 8,4%, passando da 10,74 miliardi a 9,83 miliardi, per una riduzione totale di 907 milioni (media mese: 38 milioni). Complessivamente gli enti locali (categoria nella quale si includono anche i debiti reciproci tra amministrazioni locali) hanno visto diminuire il debito di 7,1 miliardi (-6,1%), passando da 117,5 miliardi a 110,4 miliardi con un risparmio mensile di 296 milioni. Il debito pubblico dello Stato centrale è invece cresciuto, nello stesso arco di tempo, di 228,7 miliardi (+8,6%), con una crescita mensile media di 9,5 miliardi, portando la montagna del debito da 2.669,7 miliardi a 2.898,4 miliardi.
«DECENTRARE PUÒ PRODURRE VANTAGGI»
«L’autonomia differenziata, purché gestita con cautela, non va demonizzata. È un’opportunità. La riforma del governo di Giorgia Meloni, che scommette sul decentramento amministrativo, può produrre vantaggi. I dati dicono che gli amministratori locali hanno saputo razionalizzare le proprie risorse e ridurre progressivamente l’indebitamento, mentre lo Stato centrale ha incontrato difficoltà crescenti, ampliando il proprio disavanzo con ritmi che suscitano preoccupazione per la sostenibilità futura del debito pubblico italiano.
Dal report emerge un dato inequivocabile: la gestione delle finanze pubbliche nei due livelli di governo segue traiettorie divergenti. Mentre lo Stato centrale fatica a contenere il crescente disavanzo, governatori e sindaci dimostrano un approccio più rigoroso e responsabile. Tale virtuosismo locale riflette una maggiore capacità di razionalizzare la spesa e ottimizzare le risorse, smentendo chi critica il decentramento» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha rielaborato dati della Banca d’Italia, il calo del debito delle amministrazioni Locali italiane tra settembre 2022 e settembre 2024 rappresenta un chiaro segnale di virtuosismo finanziario rispetto alle difficoltà dello Stato centrale. Nel periodo in esame, il debito locale è diminuito di 7,1 miliardi di euro, passando da 117,5 miliardi a 110,4 miliardi, pari a una riduzione del 6,1%. Questa contrazione riflette una serie di politiche di consolidamento e ottimizzazione della spesa pubblica messe in atto da regioni, province, comuni e altri enti locali.
La dinamica dell’andamento del debito locale si caratterizza per una riduzione progressiva, con differenze significative tra i vari comparti. Il debito delle regioni è passato da 39,38 miliardi a 37,25 miliardi, con una contrazione di 2,12 miliardi (-5,4%) e il risultato generale può essere attribuito a una migliore gestione delle risorse legate a sanità, trasporti e welfare, spesso le voci più pesanti nei bilanci regionali. Il debito delle Città metropolitane e delle province è diminuito da 5,72 miliardi a 5,37 miliardi, con una riduzione di 343 milioni (-6,0%); il calo è il frutto della razionalizzazione dei costi per infrastrutture e opere pubbliche. Il debito dei comuni è sceso da 33,04 miliardi a 30,88 miliardi, registrando un calo di 2,16 miliardi (-6,6%), riduzione ottenuta attraverso una gestione più oculata delle spese correnti e un controllo più rigoroso sull’indebitamento per investimenti.
Quanto gli altri enti locali, il “rosso” si è ridotto di 907 milioni (-8,4%), passando da 10,74 miliardi a 9,83 miliardi. Una parte della riduzione complessiva è legata al calo dei debiti reciproci tra enti locali, scesi da 28,6 miliardi a 27 miliardi (-5,5%), segnale di una maggiore efficienza nei rapporti finanziari interni. A fronte della riduzione del debito locale, il debito dello Stato Centrale ha registrato una crescita significativa. Dai 2.669,7 miliardi di settembre 2022, si è passati a 2.898,4 miliardi a settembre 2024, con un incremento di 228,7 miliardi (+8,6%) nello stesso periodo. L’impennata è imputabile a una combinazione di fattori: l’aumento del fabbisogno finanziario legato al servizio del debito (il costo per gli interessi pagati dal Tesoro su bot e btp); le spese straordinarie per sostenere l’economia in un contesto di crisi globali, tra cui l’inflazione e le tensioni geopolitiche; la mancanza di riforme strutturali volte a ridurre le inefficienze della spesa pubblica, cui solo con la legge di bilancio per il 2025 si è cercato di porre rimedio.
LE DUE DIMENSIONI DELLA PA E I VANTAGGI DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Il confronto tra le due componenti del debito pubblico italiano evidenzia chiaramente la disparità di performance nelle due diverse dimensioni della pubblica amministrazione: sul fronte delle amministrazioni Locali, il calo del debito costante e virtuoso (-6,1%) appare il frutto di scelte oculate e di una gestione attenta delle risorse; sul versante dello Stato centrale, invece, l’incremento significativo e preoccupante (+8,6%) riflette difficoltà strutturali nel contenere la spesa e nel migliorare l’efficienza dei meccanismi di finanziamento. Il problema dell’indebitamento pubblico non risiede nella gestione delle autonomie locali, bensì nelle dinamiche di bilancio dello Stato centrale, incapace di avviare un reale percorso di razionalizzazione delle spese.
L’esperienza delle amministrazioni locali, dunque, può offrire importanti insegnamenti: efficienza e controllo della spesa, miglioramento della gestione finanziaria interna, responsabilità fiscale. Più nel dettaglio, comuni, città metropolitane e regioni hanno dimostrato che, con una gestione attenta e mirata, è possibile ridurre il debito senza compromettere i servizi essenziali; la riduzione dei debiti reciproci tra enti locali è un esempio concreto di come l’efficienza gestionale possa tradursi in risultati tangibili;a differenza dello Stato centrale, le amministrazioni locali sembrano aver adottato un approccio più responsabile, evitando l’accumulo di debiti futuri.La chiave per il futuro, pertanto, risiede in uno degli obiettivi posti dalla riforma volta a realizzare l’autonomia differenziata che si basa, tra altro, su una collaborazione più stretta tra Stato centrale e amministrazioni locali, valorizzando le buone pratiche di queste ultime e favorendo un riequilibrio del peso del debito pubblico. Solo così sarà possibile garantire la sostenibilità fiscale del Paese e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
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