Nella giornata di ieri Cives – Laboratorio di formazione al bene comune ha organizzato la decima videoconferenza nell’ambito del nuovo ciclo di iniziative “Cives in dialogo”, proponendo un confronto con Marino Cavallo, responsabile dell’ufficio ricerca e innovazione della città metropolitana di Bologna e docente dell’Università di Bologna, sul tema: “Un’altra idea di smart city”.
Il dialogo è stato introdotto da Ettore Rossi, coordinatore di Cives, che ha affermato: “Il tema delle smart city è sempre più al centro del dibattito, intendiamo riflettere su questa materia evidenziando il fatto che vogliamo costruire non solo una città intelligente e digitale ma anche attuare un coinvolgimento vero dei cittadini, una progettazione condivisa degli spazi urbani, una considerazione diversa dei beni comuni che incentivino la creatività sociale. La nostra ambizione è creare anche a Benevento una social smart city inclusiva e che consente a chi la abita di apprendere e condividere”.
“Si confrontano oggi più visioni di smart city: la città smart, in premessa, è una città tecnologica” ha esordito Marino Cavallo che ha aggiunto “tendenzialmente le grandi corporation dell’informatica si offrono alle città per vendere software relativamente a basso costo per realizzare servizi in cambio di dati, in considerazione del fatto che i centri urbani hanno, appunto, un grande patrimonio di dati. L’idea di partenza di smart city è quindi di carattere tecnologico; tale approccio però può assumere anche profili di eccessivo riduzionismo funzionale e tecnocratico che non consentono sviluppi troppo efficaci. Un modello di smart city alternativo è quello in cui è possibile utilizzare in chiave creativa le tecnologie potenziando le possibilità di partecipazione dei cittadini, attivando processi di rigenerazione urbana, sostenendo processi comunitari per l’attivazione di nuovi servizi progettati dagli utenti stessi adottando processi deliberativi e anche diversificando gli approcci per costruzione di aree culturali urbane. La smart city, citando il sociologo Sennett è una città storta (come i centri storici di origine medievale), aperta e modesta”. In questo modo si definiscono i contorni di un’altra idea di smart city, cioè di una città umanistica.
“Le città smart – ha continuato Cavallo – non possono che essere anche sostenibili, questo non solo per non appiattire tutto sul digitale, ma per creare anche sinergie tra gli aspetti legati all’implementazione dei modelli di economia circolare, portando la natura dentro la città, come per esempio la creazione di un orto in un quartiere marginale o di un mercato locale. La smart city tende ad aumentare la qualità dell’offerta in risposta anche a bisogni sociali emergenti, questo può avvenire anche tramite iniziative di carattere culturale a patto che abbiano politiche di coordinamento che immaginano la cultura come prospettiva di rigenerazione. Nella città che vogliamo ripensare bisogna mettere al centro la creatività, espressione dell’intenzionalità umana”. Di qui l’invito del Prof. Cavallo rivolto ai soggetti della cittadinanza attiva: “Se Benevento vuole essere attrattiva per i giovani talenti deve offrire un’atmosfera creativa”. Per una città è fondamentale trattenere e attirare giovani intraprendenti e con talenti da trafficare perché essi portano idee nuove, start up innovative, vivacità culturale, entusiasmo e proiezione nel futuro. Tra gli strumenti a disposizione delle città media come Benevento il relatore segnala il programma europeo URBACT, grazie al quale sono stati promossi piani locali di promozione di uno sviluppo urbano sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale.
“Questo genere di idea di smart city – ha concluso Cavallo – porta con sé anche un’altra idea di economia: è l’economia arancione legata alla cultura e ai bisogni fondamentali. Al centro della sua azione c’è la promozione e la protezione dei beni culturali, le produzioni multimediali, le arti e lo spettacolo coinvolgendo anche i campi del turismo culturale e sostenibile.
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