DI GIOVANNI SENECA

(Comitato sannita Abc)

Per la terza volta la Corte dei Conti Campania ha bocciato l’Ente Idrico e la società mista Sannio Acque s.r.l., ripassando la palla ai 78 comuni della provincia, unici soggetti legittimati a deciderne la costituzione. Essere bocciati per la terza volta a scuola induce lo studente e i suoi familiari a fare una seria riflessione sul fatto che, o non si è studiato abbastanza, oppure l’indirizzo di studi prescelto non è corrispondente alle proprie capacità ed aspirazioni.

Davanti all’estate più calda del secolo ed ad una gravissima crisi idrica, invece, la politica sannita continua a scherzare con il fuoco e va avanti imperterrita nell’irresponsabile intento di vendere il 49% dell’acqua del Sannio ai privati. Bisogna prendere atto che nel Sannio c’è una maggioranza che non vuole la privatizzazione. La prova evidente è il fatto che su 78 comuni, neanche un terzo ha deliberato per approvare Sannio Acque s.r.l.. Nemmeno il presidente della provincia Nino Lombardi, sindaco di Faicchio, nel suo comune ha ritenuto di dover privatizzare l’acqua, contraddicendo apertamente l’indirizzo di Mastella. Privatizzare conviene solo alle multinazionali che fanno ricchi dividendi sulla pelle della gente. Numerosi, invece, sono gli esempi di città europee che hanno deciso la ripubblicizzazione dell’acqua, dopo le catastrofiche gestioni a fini di lucro (Parigi, Londra Bordeaux etc.). Continuare ad agitare lo spettro di Alto Calore non serve a nulla perché, nonostante la pessima gestione del consorzio irpino, nessun politico avellinese si è sin’ora sognato di vendere l’acqua del bacino idrico più ricco del sud Italia. I modelli virtuosi da prendere ad esempio sono altri, quali quelli di Acquedotto Pugliese e di Napoli Abc, aziende totalmente pubbliche, che gestiscono l’acqua in maniera economica ed efficiente, con tariffe baste e percentuali di dispersione inferiori alla media nazionale. A Benevento, invece, con una dispersione vicina al 60 %, la gestione dei depuratori che ha ridotto i nostri fiumi in “cloache a cielo aperto”, un prossimo aumento delle tariffe e la contaminazione al tetracloroetilene, si continua a perseguire la privatizzazione. L’esempio del distretto di Napoli nord è fuori luogo, perché in quel caso, dopo che il consiglio aveva già deciso la gestione pubblica, si è tornati indietro per l’incapacità politica di costituire una società pubblica. Non risulta, però, che nei comuni a nord di Napoli si sia riusciti a costituire la società mista, ne tanto meno il gestore unico. 

La gestione pubblica è la più logica e conveniente perché, evitando le insidie di una gara d’appalto miliardaria, si realizza facilmente l’obiettivo del gestore unico, con immediato accesso ai finanziamenti per le reti colabrodo. Benevento, purtroppo, non è l’unica in Italia (come da qualcuno sbandierato) che non ha il gestore unico, perché ci sono decine di province, sia del sud che del nord Italia, che non lo hanno.

La politica questa volta deve superare inutili polemiche e mettere al centro il bene comune e non gli interessi di bottega. Rivolgiamo ancora una volta un appello ai sindaci, al presidente di distretto e a tutti i consiglieri Eic, chiedendogli di ascoltare la voce dei cittadini, in modo da riappropriarci della nostra acqua, come chiesto da 26 milioni di italiani nel referendum del 2011.        

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