di A. M. Caterina Catauro
Al Museo MAXXI di Roma una grande curatela e progetto di allestimento di Diller Scofidio + Renfro dal titolo evocativo: Architettura Instabile. Fino al 20 aprile.
Una grande mostra, curata da uno degli studi di progettazione più “celebri e influenti al mondo”, che ne è anche protagonista, un allestimento che intende indagare l’interiorità del movimento nell’architettura contemporanea: “edifici che cambiano configurazione, che hanno elementi mobili, che si gonfiano o si girano per accogliere i visitatori”. Una dinamicità che contrappone il fluido e l’instabile del movimento alla staticità del vissuto architettonico.
Se è condivisa l’idea che il nostro vivere quotidiano si caratterizza per un innegabile “costante movimento”, allora non possiamo più accettare l’assioma che l’Architettura resti a “guardare” il passato restando ferma nel suo statico divenire. I curatori allora si chiedono: “Perché l’architettura dovrebbe restare ferma? Dall’inizio della Rivoluzione Industriale, l’incessante susseguirsi di sconvolgimenti politici, fluttuazioni economiche, riforme sociali, cambiamenti climatici e innovazioni tecnologiche ha dato forma al nostro mondo in continuo movimento. Per contro, l’architettura è rimasta lenta, pesante, costosa e inerte”.
Ecco dunque il necessario dinamismo che si insinua con estrema determinazione nelle pieghe di un’Architettura che esprime l’afflato della necessità: cambiare per non perire sotto il peso del mondo fluido della contemporaneità. Se pure riconosciamo l’introduzione di una nuova resistenza alla rigidità endemica e storica dell’Architettura nel Secondo Dopoguerra, non possiamo certificare la sua definitiva liberazione dei suoi ideali pragmatici e utopici, che ne hanno aspirato validi motivi per liberarsi della sua endemica tendenza alla staticità.
I curatori di questa straordinaria mostra mettono in evidenza appunto i tentativi messi in campo per raggiungere questi obiettivi alti: “… lo ha fatto muovendosi su quattro principi alla base di quest’ambizione e della mostra: mobilità, adattabilità, operatività ed ecodinamismo”.
“La mobilità consente agli edifici di essere fisicamente trasferiti, sia che siano costretti a essere spostati per evitare la demolizione, sia che vengano trasportati altrove per scelta”. Sono i cambiamenti economici e sociali che inducono ai cambiamenti tecnologici o programmatici, quasi fossero delle necessità indotte, in grado di affermare l’adattabilità dei processi tale da consentire all’Architettura di essere riconfigurata in modo dinamico e imprescindibile storicamente. Concludo con una sintesi adeguata che proviene dalle parole dei curatori stessi: “L’operatività consente agli edifici di funzionare come macchine, sintonizzate sulle esigenze dei loro abitanti per servire scopi individuali o collettivi. E infine, mentre la maggior parte degli edifici forma una chiusura ermetica contro gli elementi, l’ecodinamismo integra le tecnologie per creare interfacce flessibili tra un edificio e il suo ambiente circostante”.
Commenti recenti