IL PRESIDENTE NAZIONALE ACLI, EMILIANO MANFREDONIA, HA INVIATO UN MESSAGGIO ALL’ARCIVESCOVO DI RAVENNA ED AL SINDACO DI ARGENTA, PER RICORDARE DON GIOVANNI MINZONI, IL PRETE RAVENNATE, ARCIPRETE DI ARGENTA, UCCISO DA SICARI FASCISTI IL 23 AGOSTO 1923 ED HA INOLTRE FATTO PRESENTE CHE UNA DELEGAZIONE DELLE ACLI PARTECIPERÀ ALLA CELEBRAZIONE RELIGIOSA DEL 23 AGOSTO, PRESIEDUTA DAL CARD. MATTEO ZUPPI ED IL 25 ALLA VISITA DEL PRESIDENTE MATTARELLA ALLA TOMBA DI DON MINZONI.
Cento anni sono trascorsi dal martirio di don Giovanni Minzoni, e tuttavia la sua memoria, la sua voce, non sono ancora spente nel cuore e nelle menti degli Italiani, come quelle di tutti i grandi martiri della lotta contro il fascismo, da Matteotti a Gobetti, da Amendola a Gramsci.
La specificità della figura di don Minzoni non sta solo nella sua condizione sacerdotale, ma anche e soprattutto nella sua chiaroveggenza, che gli aveva permesso di capire più e meglio di altri la vera natura del fascismo, che in quell’agosto del 1923 era al potere da poco meno di un anno e che da diverso tempo imperversava con violenza nella pianura padana.
I fascisti erano ben consapevoli dell’autorevolezza di don Minzoni animatore instancabile di attività sociali e ricreative, promotore della presenza dell’associazionismo cattolico ed in particolare dello scoutismo.
Proprio per questo cercarono di portarlo dalla loro parte, ma invano, perché la retta coscienza dell’arciprete di Argenta rendeva impossibile questo compromesso con chi della violenza aveva fatto l’unica arma di dialettica politica, e violenta fu la risposta, con un omicidio forse non pianificato ma non escluso nelle modalità in cui avvenne l’aggressione, istigata dal capo del fascismo ferrarese Italo Balbo.
In una lettera all’Arcivescovo di Ravenna Ersilio Tonini per il sessantesimo anniversario dell’omicidio Giovanni Paolo II scrisse che l’esempio di don Minzoni doveva essere di esempio per tutti i cattolici i quali “hanno l’urgente dovere di operare per un avvenire sociale più prospero, e a tale scopo sono essenzialmente chiamati a servire i valori umani, a rendere più sano il costume, a perseguire una sempre maggiore onestà e in tutta la sfera della vita pubblica, con coraggio, con lealtà, con costanza. Tutto ciò implica una testimonianza di ineccepibile condotta personale”.
A nostro giudizio queste parole di papa Wojtyla danno la misura di quanto la lezione di don Minzoni presenti ancora tratti di attualità, a partire dalla necessità che l’azione sociale dei credenti sia libera ed autonoma, ed orientata al bene comune, che deve essere ricercato giorno per giorno nelle pieghe (e nelle piaghe) della comune umanità, con uno sguardo non giudicante ma partecipe, cercando di creare rapporti anche con persone di idee diverse senza rinunciare alle proprie, escludendo la violenza e la sopraffazione dall’orizzonte della vita sociale.
Allo stesso modo don Giovanni per noi è un richiamo alla vigilanza costante nella difesa dei valori della libertà e della democrazia, rendendoci capaci di denunce coraggiose, di parole forti e sapienti nel difendere i deboli e i marginali in tutte le circostanze e a tutti i livelli, promuovendo i valori evangelici e costituzionali che sono alla base della nostra identità e del nostro impegno come aclisti.
Nello stesso tempo, ed è la terza lezione, don Minzoni ci richiama alla costanza dell’impegno quotidiano, alimentato da una fede viva ed operante, come pure dalla serietà dell’analisi delle condizioni sociali esistenti, sapendo delineare soluzioni concrete nella migliore tradizione del cattolicesimo sociale attraverso la pratica della cooperazione e del mutualismo, sapendo che in ultima analisi, come sempre ripete papa Francesco, proprio del cristiano è aprire processi e non occupare spazi.
Per questo le ACLI onorano don Giovanni Minzoni come loro precursore e cercano di rinnovarne la lezione nella loro attività di tutti i giorni, auspicando che la memoria sua e di tutti i caduti per la libertà sia particolarmente da esempio per le nuove generazioni.
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