dI Giovanni Loche
L’intelligenza artificiale è un insieme di tecnologie e processi in grado di elaborare grandi quantità di informazioni per restituire sintesi o previsioni complesse e razionali. In realtà non esiste una sola definizione di “intelligenza artificiale”. Dire semplicemente che è intelligente” tutto quello che imita la mente umana è inesatto. Perché i processi sottostanti sono simili (o almeno ambiscono a esserlo) solo in alcuni casi.
Il machine learning è un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale. Letteralmente significa “macchine che imparano”. E questa è la sostanza del concetto: i software, gestiti da algoritmi, sono progettati per analizzare grandi quantità di dati. Sono la base per i due passi successivi: apprendere dalle informazioni a disposizione ed elaborare previsioni. Il machine learning fa tesoro del passato per conoscere meglio il futuro con modelli predittivi.
Il deep learning è, a sua volta, un sottoinsieme del machine learning. Significa letteralmente “apprendimento profondo”. A differenza di più comuni processi di machine learning (basati sull’elaborazione di dati per eseguire un compito specifico), il deep learning sviluppa modelli su più livelli. Ed è quindi capace di individuare, estrarre ed elaborare dati in autonomia, senza che sia l’uomo a fornire la “materia prima” per funzionare.
Per Big Data, come dice il nome, si intende un insieme di dati talmente “grande” da superare la capacità dei database tradizionali. Per estensione, il temine Big Data si riferisce anche al settore e alle tecnologie che elaborano imponenti quantità di informazioni. Cosa c’entra con l’intelligenza artificiale? I dati sono l’acqua dell’AI: senza di essi non potrebbe esistere.
Un algoritmo è una procedura di calcolo, uno schema con il quale l’uomo codifica le modalità di elaborazioni dei dati. Gli algoritmi rappresentano l’anima razionale dell’intelligenza artificiale.
Le reti neurali sono sistemi di apprendimento che trasferiscono sulle macchine la struttura dei neuroni presenti nell’uomo. Ovviamente non c’è nulla di “organico”: i neuroni sono in realtà nodi di una rete che moltiplicano la capacità di elaborazione. Sono le reti neurali a rappresentare la versione dell’intelligenza artificiale più vicina a quella umana.
Un chatterbot è un software sviluppato per simulare (via chat o voce) un’interazione umana. È una delle applicazioni dell’intelligenza artificiale più diffusa. Perché, attraverso la comprensione del linguaggio artificiale, consente di sostituire l’uomo in alcune circostanze. Già diverse aziende, ad esempio, usano questi software per accogliere i clienti online. Senza che l’utente si accorga della differenza.
I settori interessati sono potenzialmente tutti, o quasi. Perché tutti hanno bisogno di un’elaborazione razionale dei dati e di capacità predittive. L’elenco sarebbe quindi lungo. Solo per fare alcuni esempi: in finanza, gli investimenti possono essere gestiti da piattaforme digitali; un’agricoltura più “intelligente” riduce gli sprechi e ottimizza i sistemi di irrigazione. Il monitoraggio e la “lettura” della propria casa o degli stabilimenti industriale permette all’AI di ridurre i costi e suggerire soluzioni per una gestione migliore. Nel marketing, i software assegnano agli utenti una pubblicità su misura. Nel campo sanitario, più dati e AI significano prevenzione “ad personam” e diagnosi rapida. In quello legale significherebbe una più rapida analisi dei contratti e dei codici. E poi ci sono gli assistenti digitali, come Alexa o Siri.
Si parla spesso di rischi per l’occupazione. L’intelligenza artificiale, abbinata alla robotica, può effettivamente sostituire alcune mansioni oggi eseguite dall’uomo. In alcuni casi, dove il lavoro è ripetitivo, questo passaggio di consegne sta già avvenendo. In altri l’intelligenza artificiale non sarà un sostituto ma un collaboratore dell’uomo. Sull’altro piatto della bilancia c’è la nascita di nuove professioni legate alla tecnologia artificiale.
I temi legati al lavoro non sarebbero i soli rischi per l’uomo. Le potenzialità dell’intelligenza artificiale sono enormi, ma diversi osservatori (tra i quali Elon Musk e Jack Ma) si sono detti molto preoccupati. Hanno invocato la necessità di regole chiare per amministrare una tecnologia altrimenti ingestibile. Non solo per una questione di occupazione: l’AI applicata alle armi, se non limitata, metterebbe a rischio l’incolumità del genere umano.
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