AIS si interroga sul proprio ruolo nella comunicazione del vino: “un linguaggio proporzionato, coerente e originale”.

Al De Bonart Naples Hotel, il convegno “Il linguaggio del vino. Dalla formazione ai social”, promosso dall’Associazione Italiana Sommelier (AIS), ha acceso i riflettori sulla necessità di rinnovare la comunicazione enologica, per renderla più inclusiva, coinvolgente e al passo coi tempi. Moderati dal giornalista Luciano Pignataro, sono intervenuti relatori di spicco: l’enologo Roberto Cipresso, la wine blogger Giulia Sattin, Cristiano Cini (responsabile Formazione AIS Italia) e il filosofo Nicola Perullo. Sandro Camilli, presidente nazionale AIS, ha aperto i lavori con un ricordo di Giampaolo Gravina, sottolineando il suo invito a un linguaggio del vino capace di raccontare la storia e l’anima del territorio, con un’ “estetica della frugalità”. Un linguaggio, quello auspicato da Gravina, che rifugga da “tipicità banalizzanti” e da gerghi autoreferenziali, per abbracciare una “lingua altra”, capace di “rimodulare a fondo la nostra sensibilità interpretativa”. Tommaso Luongo, presidente AIS Campania, ha sottolineato la responsabilità di AIS nel trovare un linguaggio “proporzionato, equilibrato, coerente e originale”, capace di esprimere il profondo legame tra vino e territorio. Camillo Privitera, responsabile nazionale eventi AIS, ha lanciato un appello a superare gli schemi rigidi, citando Nicola Perullo: “il resto è per ragionieri impauriti o per avvocati del vino a colpi di manualetti”. Perullo ha proposto un ritorno al simposio, inteso come esperienza conviviale e relazionale, e una ridefinizione del concetto di qualità, non più intesa come insieme di parametri fissi, ma come concetto dinamico, in continua evoluzione.

Come parlare di vino ai Millennials e alla Generazione Z? Il convegno AIS a Napoli ha affrontato la sfida di una comunicazione enologica più inclusiva e coinvolgente, esplorando nuove strategie, dalla sinestesia all’influencer marketing, e proponendo una didattica rinnovata, capace di emozionare e di raccontare il territorio.

Roberto Cipresso ha posto l’accento sulla necessità di emozionare, di creare vini che raccontino storie, e di utilizzare il linguaggio universale della sinestesia (l’unione di diverse arti) per conquistare le nuove generazioni, i Millennials e la Generazione Z, più attenti al benessere e alla sostenibilità. Giulia Sattin ha portato la sua esperienza di wine blogger, illustrando le potenzialità e le sfide dell’influencer marketing nel settore vitivinicolo: l’importanza di contenuti di alta qualità, snelli e comprensibili, di un linguaggio semplice e diretto, ma anche la difficoltà di spiegare termini tecnici a un pubblico vasto e variegato, come dimostra la domanda, ricevuta durante un corso, “Ma lo Champagne si fa solo in Champagne?”. Cristiano Cini ha presentato la nuova didattica AIS, che punta su una scheda di degustazione rinnovata, capace di coniugare oggettività e soggettività, e su un approccio alla lezione meno formale e più interattivo, ispirato al “modello spagnolo” di comunicazione enogastronomica, più informale e conviviale. La formazione, ha ribadito Cini, resta il “cuore pulsante” dell’attività di AIS. L’obiettivo, condiviso da tutti i relatori, è un linguaggio del vino capace di parlare a tutti, dai 18 agli 80 anni, che sappia sfruttare le potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione, senza però farsi travolgere dalle mode o rinunciare alla propria identità.

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