“Negli insediamenti produttivi e nei luoghi di lavoro siamo ancora sommersi dall’amianto, sostanza nociva e cancerogena, che dovrebbe essere rimossa con accurate e specifiche procedure.
Ma tante aziende nella nostra regione non hanno ancora effettuato le bonifiche”. E’ l’allarme lanciato dal segretario generale della Cisal Metalmeccanici della Campania, Antonio Fiore, durante la riunione del direttivo dell’organizzazione sindacale, al quale hanno partecipato i rappresentanti delle sedi territoriali.
“Siamo purtroppo ancora molto lontani – ha proseguito il dirigente della sigla autonoma – dal rispetto degli standard minimi di sicurezza, perché troppe imprese antepongono il profitto ad ogni costo alla tutela dei lavoratori. Nonostante i drammatici casi di operai ammalati o addirittura morti a causa delle patologie provocate dall’inalazione di microfibre di amianto, le numerose denunce pubbliche, le sentenze della magistratura e le norme che da decenni regolamentano questa materia, registriamo diffusi e gravi ritardi, ostracismi, grande insensibilità, silenzi e soprattutto inottemperanze dolose.
In diversi stabilimenti infatti non sono state rimosse o rese innocue sostanze che determinano serie patologie per chi vi lavora, ma anche rischi per la salute dei cittadini, nelle aree prospicienti e persino in quelle più distanti, a causa dell’emissione e diffusione di microfibre volatili.
In molti casi l’amianto è contenuto in pannelli, coperture dei tetti, placche di isolamento dei macchinari, soggetti all’usura e quindi a maggiori rischi. Quotidianamente svolgiamo un’azione sul campo, segnalando agli Ispettorati del Lavoro, ma appare una lotta contro i mulini a vento.
Soltanto a titolo esemplificativo, citiamo due casi macroscopici, localizzati nella città di Torre Annunziata, in provincia di Napoli: lo Stabilimento militare Spolette, meglio conosciuto come “Spolettificio”, gestito dall’Aid – Agenzia industrie difesa, ente di diritto pubblico vigilato dal ministero della Difesa, e l’area demaniale dell’ex industria siderurgica Dalmine e Italsider. Per quanto riguarda il primo, Cisal Metalmeccanici ha presentato una denuncia e promosso una interpellanza parlamentare, alla Camera dei deputati e al Senato, sinora rimasta senza risposta da parte del ministro e delle commissioni di riferimento. Non sappiamo che fine abbiano fatto 10 tonnellate di materiali contenente amianto asportati. Ci sono documentazioni della Società di medicina del Lavoro territoriale che certificano bonifiche irregolari, lì come altrove. Nel secondo caso, invece, è tutto fermo: un’area di oltre 50 mila metri quadrati, sottoposta a sequestro da più di 5 anni, con amministrazioni comunali e commissari prefettizi rimasti a guardare. Resta ancora un mistero chi e come debba provvedere all’intervento. Mentre ci sono potenziali investitori pronti a rilanciare il sito, sotto il profilo produttivo e occupazionale. Un fatto ancora più grave in un territorio preda della camorra, mentre intorno le aziende chiudono e proliferano soltanto centri commerciali, che non determinano adeguate ricadute economiche per le comunità locali”.
“Su questo tema – conclude Fiore –, che è una vera e propria emergenza sanitaria e ambientale, risaputa e ampiamente provata, c’è un colpevole immobilismo. Sarebbero invece necessari la massima attenzione delle istituzioni e interventi incisivi e risolutivi”.
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