di Giulia Scorziello*
Vecchi, nuovi, “mammi”, vicini, lontani, autoritari, amici, comprensivi, rivoluzionari, spaventati, fragili. Parliamo di padri. Cosa accade quando la famiglia si sgretola? Nella rabbia e nel conflitto, nel risarcimento e nella vendetta che travolge la rottura del patto dove finiscono i papà? Quali sono i loro diritti e i loro doveri? Oggi nelle società più industrializzate le statistiche indicano che il 50% delle coppie sposate o conviventi passano per l’esperienza disgregativa della separazione / divorzio e che il matrimonio non duri più di 15 anni, o che il secondo picco di rotture familiari avviene dopo soli 3 anni di vita in comune con la presenza in casa di uno o due figli piccoli. La rottura dei legami affettivi e familiari è una delle esperienze più dolorose e frammentarie con cui fanno i conti adulti, minori e famiglie d’ origine perché diciamolo il divorzio è un lutto parziale. Muore l’ idea di famiglia e di amore tra i partner come esempio di solidità, muore il senso di protezione in casa a seguito dell’ uscita di un genitore che spesso è il padre. Solo se viene affrontato ed elaborato, con il tempo e con l’ impegno di tutti, potrà trasformarsi da perdita affettiva a punto di forza e crescita, sia per i genitori che per i figli, proprio come avviene con la morte di una persona cara. Le ferite del divorzio una volta curate possono offrire ai tanti padri disposti la possibilità di rimettersi in gioco; perché si può diventare ex coniuge ma non ex genitore.
Forse il vero paradosso innovativo della separazione è l’ uscita da un patto di coppia per riaffermare e dare luce al significato del patto genitoriale. Come uscire per poi rientrare da quel portone che ha bisogno di altre chiavi. Sembrerebbe facile a parole, ma nella realtà si assiste ad una rabbia che mangia, morde e inghiotte la genitorialità. I figli diventano i bracci armati del conflitto, vengono “triangolati” nel post separazione, quando, ad esempio, uno dei genitori crea un’ alleanza con il figlio nello scontro con l’ altro genitore che si troverà quindi in una situazione molto isolata e faticosa perché è impegnato in una battaglia sia con l’ ex coniuge che con il figlio. Quanto sono consapevoli allora le mamme di porsi, spesso, in modo irriflesso, come regolatori del rapporto padre-figli impedendo un avvicinamento intimo e affettivo tra i due? Fanno da ponte o da muro? Spesso assistiamo ad uno sbilanciamento causato da un iperinvestimento materno a fronte di un’ esclusione paterna perché la componente emotiva genitoriale tradizionalmente è stata di fatto prevalentemente assolta dalle donne.
Lavorando in terapia con gli uomini separati spesso si parla del loro desiderio di costruire relazioni più intime con i propri figli perché si sentono confusi su come esprimere i propri sentimenti, come essere guida incoraggiandone l’ indipendenza e sostenendo al contempo il legame. I padri di oggi sono quelli appartenenti a generazioni precedenti, che evitavano e non esprimevano tenerezza o sentimenti di vulnerabilità. Sicuramente in termini di fattori culturali, generazionali e sociali abbiamo assistito ad una grande rivoluzione; pensiamo ai progressi della tecnologia, al multiculturalismo, all’ emancipazione femminile ai cambiamenti economici e la loro influenza sugli equilibri tra lavoro e famiglia e anche la crescita di diverse forme di famiglia. Tutto questo ha influenzato il modo in cui oggi facciamo riferimento al tema del genere e ai ruoli maschili e femminili.
Che i padri siano cambiati è sotto gli occhi di tutti: sono più consapevoli del loro ruolo, della parte che giocano nello sviluppo psicologico e nella crescita dei loro bambini attraverso un coinvolgimento e un legame più stretto e speciale. Un dato rassicurante del coinvolgimento attivo è dato anche da un ruolo ormai consolidato dei padri nell’ iter della gravidanza, della partecipazione dei corsi di preparazione al parto fino alla presenza al momento stesso della nascita; uno scenario molto distante rispetto a quello che si presentava cinquant’ anni fa. L’ equo bilanciamento, tra mamma e papà, dei diritti in gioco lo sottolinea su carta il “principio di bigenitorialità” con la L. 54/2006. Infatti sembra che la sfida tra vecchi e nuovi padri mette al centro il papà come persona, capace di avere cura dell’ esserci nel legame. Questo lo vediamo anche noi psicologi, quando in stanza di terapia incontriamo bambini divorziati impegnati nel duro lavoro di creare sintomi per tenere uniti i genitori, e padri lasciati senza sedia che invece sono in attesa di essere convocati e ascoltati. Il padre chiede di essere pensato, ancor prima che visto. E allora parliamo di padri ritrovati, di relazioni che vanno curate perché se la mamma dà la vita il papà accompagna nella vita.
* Psicologa
Commenti recenti