C’è un nuovo modo di fare la spesa e consumare e si chiama “L’Alveare che dice sì” . Stiamo parlando di un nuovo modello di acquisto dei prodotti alimentari per mangiare cibo di alta qualità e sostenere l’economia locale.
Questa rete di vendita a filiera corta prevede tre momenti semplici. Il primo è l’iscrizione gratuita alla piattaforma online sul sito alvearechedicesi.it dove è possibile trovare l’alveare più vicino alla propria residenza ma anche consultare la vetrina dei prodotti in vendita. L’iscrizione non comporta l’obbligo di acquisto: si può comprare ciò che si vuole, quando si vuole.
Tutte le settimane, poi, c’è l’opportunità di acquistare online, direttamente dai produttori locali.E ‘davvero vasta la gamma dei prodotti in commercio: frutta, verdura, carne, pane, vino, olio. Si tratta di un cibo di alta qualità perché è a km0 ed è venduto ad un prezzo equo, la migliore formula per accontentare il produttore ma anche il consumatore.
Infine, ogni settimana la comunità dell’Alveare si riunisce in un luogo dove è possibile ritirare la spesa direttamente dalle mani dei produttori di fiducia, piccole aziende del posto, che sono a disposizione dei clienti per presentare tutti i dettagli di ciò che stanno comprando. Un modo per gestire direttamente i rapporti tra chi vende e chi compra.
Per conoscere più da vicino questo nuovo gruppo di acquisto, mi sono recato nel piazzale antistante il parco fluviale di Lastra a Signache si trova in prossimità dell’Arno, a pochi chilometri da Firenze . Qui si è svolto il primo appuntamento per la distribuzione del cibo. Davanti alla Locanda che ora funziona soltanto per l’asporto, mi accolgono Lorenza e Giacomo , una giovane coppia nella vita e nel lavoro, che hanno aperto l’Alveare della zona. Quando arrivo sono tutti e due intenti a preparare il banco dove già si trovano le cassette dei prodotti che tra poco verranno ritirati da chi ha eseguito gli ordini direttamente da casa attraverso la piattaforma digitale. Alla spicciolata fanno capolino i produttori a consegnare la merce.Ad ogni numero corrisponde un cliente al quale, insieme alla spesa, verrà consegnata anche una tesserina in modo che, al decimo acquisto, possa usufruire di uno sconto da spendere online.
Con Lorenza parliamo di numeri per capire com’è andata questa prima settimana. Mi dice che ci sono stati 40 ordini per una trentina di produttori coinvolti. Non male come bilancio se consideriamo che siamo ancora alle prese con la zona rossa e le conseguenze della pandemia. E ‘il segno che c’è attenzione per questa nuova modalità che, ricordiamo, è già in funzione nella città e nella provincia di Firenze. Proprio Lorenza, ad esempio, è partecipe di questa esperienza nel quartiere Isolotto, a Scandicci ea San Casciano dove vende i suoi prodotti.
Lorenza, infatti, ha un’azienda agricola e un agriturismo a Marliano che gestisce insieme alla sua famiglia. Da quest’anno anche il suo compagno Giacomo ha deciso di sposare a tempo pieno la sua attività. Ha lasciato il lavoro in Misericordia e si è buttato a capofitto in questa avventura. Una scommessa non facile che lui però affronta con il sorriso e con la passione di un giovane di 30 anni.
Mentre aspettiamo i primi clienti, mi parla del lavoro in agricoltura, delle sue difficoltà ma anche della sua bellezza. Da ciò che mi dice capisco che ci vuole molto impegno perché la natura ha i suoi ritmi che non possono aspettare. Giacomo non teme la fatica quanto il periodo difficile che tutto il settore sta attraversando. Da un anno l’agriturismo è vuoto, va meglio invece la vendita dei loro prodotti agricoli e l’Alveare può essere una nuova e importante occasione per rilanciarsi sul territorio.
“Buona la prima!” verrebbe da esclamare mentre i clienti ritirano in sicurezza i prodotti scelti e acquistati in settimana. A rincuorare è anche il tempo. La situazione avviene in un pomeriggio di sole che distribuzione, nonostante il vento sferzante di questo inizio primavera, regala una luce positiva dopo giorni di pioggia, freddo e nebbia. Ci sono quindi tutti gli ingredienti per portare avanti questo esperimento di filiera corta. Ora l’obiettivo è fidelizzare la platea dei clienti e possibilmente allargarla.
Per le aziende e le cooperative agricole del territorio è una grande occasione per farsi conoscere e presentare le loro produzioni. Per i consumatori, invece, l’Alveare è un mezzo per fare una spesa sana e genuina. Non stiamo parlando della merce che troviamo nella grande distribuzione a cui tante volte siamo costretti a rivolgerci per mancanza di tempo. Qui troviamo soltanto prodotti freschi e artigianali che arrivano direttamente dai piccoli produttori locali. La cosa bella è che possiamo ordinare online senza fare la fila e ritirare la spesa una volta alla settimana, in modo veloce e direttamente dai produttori.Si può scegliere tra frutta e verdura fresca e di stagione, carne bianca e rossa, formaggi, pane, detersivi e saponi ecologici, miele, prodotti naturali per la cura della persona e della casa e tanto altro,
Mentre scriviamo si è già aperta la seconda vendita delll’Alveare. Fino al mezzanotte di domenica 18 aprile sarà possibile comporre il proprio carrello virtuale tenuto conto dei nuovi produttori e aziende si sono associate alla campagna. Non lasciatevi sfuggire questa opportunità!
“La Repubblica di Barbiana: la mia esperienza alla scuola di Don Milani”
“Per noi don Lorenzo è stato un maestro e un secondo padre”. A parlare così è Paolo Landi, un ex alunno della scuola di Barbiana. Ho ascoltato la sua testimonianza nel corso di un incontro on line organizzato dalla Biblioteca delle Oblate di Firenze per presentare “La Repubblica di Barbiana: la mia esperienza alla scuola di Don Milani”, un libro di memorie in cui, partendo dal racconto autobiografico, si attualizza l’insegnamento del priore finito in esilio sul monte Giovi.
Landi arrivò a Barbiana nei primi anni ’60. Era nato a Vicchio di Mugello nel 1948 in una famiglia di contadini. Dopo la scuola elementare e di avviamento, il babbo lo presentò a don Lorenzo con il quale trascorse tre anni prima di partire per l’Inghilterra e la Francia per le sue prime esperienze lavorative in fabbrica. Una esperienza breve ma intensa che ha segnato tutto il suo percorso successivo di sindacalista nella Cisl ma anche come fondatore dell’associazione dei consumatori Adiconsum e della Fondazione per il consumo sostenibile.
Paolo voleva studiare ma la sua famiglia era priva di mezzi e così si ritrovò alla scuola di don Milani. Fu suo padre a prendere l’iniziativa di portarlo a Barbiana perché aveva saputo che c’era un prete che faceva scuola gratis ed era dalla parte dei poveri. “Ricordo che una domenica salimmo con la lambretta. Era estate e don Lorenzo stava facendo scuola sotto la pergola, come usava fare quando il tempo era bello. C’erano una ventina di ragazzi, tutti seduti. Lui era sulla poltrona di vimini e stava spiegando il Vangelo che aveva appoggiato sulla tonaca. La cosa che mi colpì è che dopo due ore e mezza aveva spiegato solo tre righe del Vangelo perché si fermava sull’etimologia delle parole e sul contesto storico. Una cosa del genere non l’avevo mai vista.
Da quel momento, ogni giorno, Paolo saliva da Vicchio a Barbiana. Grazie a don Milani, imparò il francese, lo spagnolo e l’inglese; lingue che gli tornarono utili quando spiccò il volo dal punto di vista professionale. “Mio padre ci teneva tanto al diploma ma don Lorenzo Così iniziò la mia esperienza. Era il 1963. Sono rimasto lì tre anni, il periodo più bello perché è il momento in cui nascono le Lettere di Milani. I suoi insegnamenti mi sono stati utilissimi in tutta la vita. Mi ricordo che mi consigliò per il primo anno di tenere la bocca chiusa per ascoltare e imparare ma poi di sempre il coraggio di dire la mia opinione ”.
Nel libro, pubblicato dalla Libreria Editrice Fiorentina, la storica casa editrice di don Milani, emerge una nuova lettura di don Lorenzo che fu emarginato dall’allora vescovo Florit, assieme al prete operaio don Borghi.Entrambi furono salvati dalla sospensione “a divinis” da un intervento del Papa Paolo VI che espresse il suo sostegno alla scuola di Barbiana inviando un assegno.
“Don Lorenzo era una persona solare, con cui si stava bene assieme. Certamente era anche di un rigore estremo. A Barbiana perdere tempo era considerato un delitto. A me è capitato di essere in dissenso da lui e gliel’ho anche detto in modo abbastanza forte. Con lui era molto bello discutere perché aveva una capacità incredibile di analisi dei problemi che andava sempre oltre e ti lasciava incantato ”.
La testimonianza di Don Milani si racchiude in un binomio secondo Landi: è la parola che fa eguali, che fa sovrani, che apre al divino, ma è la coerenza l’impegno, la testimonianza che rendono credibili. Questi progetti sono stati ripresi anche da Papa Francesco nella sua visita a Barbiana quando ha aggiunto la parola rende i cristiani consapevoli. Don Lorenzo avrebbe detto che la Chiesa non ha bisogno di cristiani pecoroni ma di cristiani coscienti. Lui associava sempre la parola alla testimonianza, infatti il suo impegno era per metà legato alla cultura e per l’altra metà all’esempio. Se uno non coglie queste due dimensioni del suo messaggio non può capire tutta la portata del suo pensiero. Lui non ha mai separato la parola dall’impegno e dalla coerenza ”.
Questo grande messaggio sarà riconosciuto dalla Chiesa, 25 anni dopo la morte. “Quando si è spento, don Lorenzo si trovava nella condizione di esiliato dalla Chiesa, emarginato dalla scuola ufficiale e condannato dallo Stato per apologia di reato. Oggi si riscopre tutta la portata del suo pensiero che a volte è stato strumentalizzato da partiti politici e da riviste. Lui aveva fatto la scelta del sociale ma sosteneva che la Chiesa doveva essere indipendente dalle ideologie e dai governi ” .
Per Landi molti autori hanno scritto su Don Milani non conoscendolo, o conoscendolo per sentito dire o per cose lette. “La molla a fare questo libro è stato il giorno in cui Papa Francesco è venuto a Barbiana e pregare sulla tomba di don Lorenzo. Rientrando a Firenze mi sono accorto che in libreria c’era un tavolo pieno di libri sulla figura del priore. Sfogliandoli ho visto che molti autori dicevano di essere stati a Barbiana ma io non li avevo mai sentiti neppure nominare. In quel momento mi sono deciso a scrivere e in cinque mesi ho completato un lavoro che cerca proprio di mettere in risalto l’esperienza di un figlio di contadini, che viene bocciato all’esame di ammissione e che, non avendo alternative prete ”.
A proposito della scuola di Barbiana, Landi rievoca alcuni tratti della pedagogia di don Milani. “Lui insegnava attraverso l’incontro con le persone. Chiunque aveva una esperienza da raccontare messo in cattedra e torchiato dalle nostre domande per imparare gli aspetti positivi e negativi della vita.Venivano giornalisti, preti, insegnanti, artigiani, lavoratori, sindaci, sindacalisti. Molto interessante era anche la predica di mezzogiorno perché ogni giorno, nell’ora del pranzo, prendeva un ragazzo per parlare a lungo con lui. Era un modo per avere un contatto diretto perché noi non eravamo solo numeri o nomi su un registro ma persone con i propri desideri, sogni, difficoltà ”.
La repubblica di Barbiana, come la chiama l’ex alunno, era una grande occasione di responsabilità e di libertà. “Ci sono tre fasi nella scuola di don Milani. La prima è quando si rivolgeva soltanto ai ragazzi di Barbiana, figli di contadini. Poi si è allargata ai ragazzi delle parrocchie vicine, sempre con una forte motivazione. Infine, sono arrivati i ragazzi che furono bocciati a Vicchio. Alcuni di loro erano bravi e volenterosi, altri invece non avevano voglia di studiare e riflettere. A tutti don Lorenzo dava fiducia anche se a volte c’erano lamentele da parte delle famiglie ”.
L’autore è anche membro della Fondazione don Milani e, fino a quando non è arrivato il Covid, ha sempre percorso l’Italia in lungo e in largo per rendere la sua testimonianza particolarmente importante nelle scuole. “Dopo la visita del Pontefice c’è stato un rifiorire di interesse sulla sua figura. Negli anni scorsi, ho avuto incontri formidabili con i bambini ei ragazzi. Ciò che colpisce è il fatto che Barbiana è rimasta così com’era, un luogo spartano. Tre tavoli con le panche per fare la scuola. Eppure da lì è uscito un insegnamento che è stato ripreso in tutto il mondo ” .
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