Ho scoperto la storia di “Fuori Binario” leggendo la newsletter dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana che, in uno dei suoi ultimi invii, dava conto del nuovo corso del giornale fiorentino.
Confesso che non ne avevo mai sentito parlare prima. “Fuori Binario” è un caso unico nel panorama editoriale italiano ed europeo. Innanzitutto perché è la voce dei senza fissa dimora e poi perché non viene venduto nelle edicole o nelle librerie, bensì nelle principali piazze e strade del capoluogo toscano. La distribuzione è affidata a donne e uomini, chiamati “diffusori”, che attraverso la vendita del mensile costruiscono il loro reddito perché si tratta di persone in difficoltà economica.
Questa cosa mi ha profondamente incuriosito e mi sono ripromesso di volerla approfondire anche per far conoscere ai lettori di “Leggere tra le righe” una esperienza così importante ed interessante. Così mi sono messo in contatto con la redazione e con colui che da pochissimo è diventato il nuovo direttore. Si chiama Cristiano Lucchi, è un giornalista, lavora all’agenzia Toscana Notizie ed ha alle spalle numerose esperienze nel campo dell’informazione con uno spiccato interesse per il sociale anche come responsabile dell’Altracittà, il giornale della Comunità delle Piagge.
Cristiano, insieme ad un gruppo di colleghi giornalisti, tutti volontari, ha dato la propria disponibilità a dare una mano alla testata che negli ultimi tempi, anche in concomitanza con l’incidere della pandemia, versava in uno stato di difficoltà. Oltre alla direzione infatti è cambiato anche il vertice per la società editrice, la onlus Periferie al Centro, con il nuovo presidente ossia Alessandro Simoni, docente presso il dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Firenze.
Ci sono quindi tutte le premesse per un rilancio della rivista che continuerà ad uscire con cadenza mensile ed avrà una foliazione di 16 pagine, tutte a colori. Cristiano mi ha inviato il primo numero che ha firmato da direttore e già dalla copertina si capisce che si fa sul serio. Il titolo principale è dedicato al virus delle diseguaglianze, ossia l’altra faccia della crisi sanitaria. Spazio poi al suo editoriale che schiera ovviamente il giornale dalla parte dei più fragili. All’interno, poi, le cose interessanti da leggere sono davvero tante. Si parte con il problema delle residenze negate, si passa all’emergenza salute mentale e a quella carceraria, fino alla denuncia del consumo del suolo.
L’ho fatta davvero breve e me ne scuso con Cristiano e i redattori perché in verità “Fuori Binario” è un giornale ricchissimo; non c’è pagina che non meriti di essere letta e riletta, soprattutto perché mostra ai lettori una realtà che molto spesso l’altra stampa, i “giornaloni” come spesso vengono definiti, non ci fa vedere. Ciò che mi colpisce di più è il fatto che dà voce a chi non ne ha, perché innanzitutto gli mancano i mezzi economici per potersi esprimere.
Parlando con il nuovo direttore, innanzitutto gli ho chiesto di spiegarmi in cosa consiste il nuovo corso del giornale nato nel 1994. Cristiano mi dice che gli obiettivi sono due: “Da un lato vogliamo continuare a dare un reddito alle persone senza fissa dimora o a chi è in difficoltà economica, dall’altro vogliamo fare un’informazione contro il pensiero dominante che molto spesso è inconciliabile con i principi della Costituzione visto che, ad esempio, le istituzioni oggi puniscono più chi disturba che chi commette un reato”.
E’ chiaro che i “padroni” di “Fuori Binario” sono tutti coloro che vivono ai margini della società. Me lo conferma lo stesso Cristiano quando si sofferma sui meccanismi che attualmente affossano coloro che non hanno opportunità. “Pensiamo al meccanismo della cittadinanza. A Firenze c’è un regolamento che sovrasta addirittura la carta costituzionale e che non agevola assolutamente coloro che ne fanno richiesta. Eppure sappiamo che chi non è cittadino perde tutti i diritti. Oppure parliamo del meccanismo della carcerazione che non è finalizzato alla rieducazione ma alla condanna e alla punizione”.
Abbiamo già detto che il progetto del giornale è legato reddito di sussistenza ai senza fissa dimora che lo producono e distribuiscono per le strade della città. I diffusori sono il vero cuore della testata tanto è vero che Cristiano li ha messi al centro della sua direzione. Ogni uscita parlerà di una di queste storie, dei loro bisogni e dei loro progetti per il futuro. Ad esempio nel numero di marzo una intera pagina è dedicata a Teodor che lavora tra Piazza della Repubblica e via Cimabue e che ha il sogno di aprire un giornale di strada nel suo paese di origine, in Romania.
Parlando di loro, Cristiano mi spiega che la formula del reddito di sussistenza è “un gesto di resistenza e non di rivoluzione. Stiamo resistendo a un sistema che opprime, soprattutto coloro che già sono in difficoltà. Quando la situazione è difficile ti difendi come puoi. Se un distributore riesce a incassare in un mese anche soltanto 300 euro con la vendita del giornale è già qualcosa. A me piacerebbe che il nostro progetto avesse una scadenza perché significherebbe che non c’è n’è più bisogno. Al momento però le cose non stanno così. Andiamo avanti con l’obiettivo non di fare beneficenza ma di emancipare queste persone”.
Visto che la sua prima copertina l’ha dedicata al tema delle diseguaglianze sociale, riportate in superficie con l’esplosione del Covid, ho chiesto a Cristiano di analizzare insieme la situazione attuale dei senza fissa dimora. E’ migliorata o peggiorata in questo ultimo anno? Domanda retorica ovviamente. “La situazione è enormemente peggiorata sia dal punto di vista economico ma anche da quello sanitario con la chiusura di tante strutture. Pensiamo che la spesa sanitaria media italiana è di 60 euro, per un povero è di soltanto 3 euro. E’ qualcosa di allucinante”.
La domanda successiva, a questo punto, non può che essere “che fare?”. Cristiano ha le idee molto chiare: “Innanzitutto abbiamo bisogno di tornare a fare investimenti nei servizi alla persona che deve tornare al centro della vita sociale mentre oggi è tutto finalizzato al profitto delle imprese. In Italia, tanto per fare un esempio, spendiamo sui centri di salute mentale il 3 per cento del Pil a fronte del 7 europeo. Di contro, aumentano le spese per gli armamenti. I soldi vanno distribuiti in maniera diversa. Non bastano i proclami o i tweet dei politici di turno. Devo anche aggiungere che, per fortuna, Firenze rimane ancora una città abbastanza solidale. Abbiamo fatto una raccolta alimentare ed il riscontro è stato assolutamente notevole”.
Per concludere la nostra chiacchierata, chiedo a Cristiano se le loro istanze trovano ascolto in altre associazioni o movimenti e più in generale nella società civile. Il finale è un po’ amaro. “Purtroppo il terzo settore è spesso interessato soltanto alla sopravvivenza di tante organizzazioni. Più c’è disagio, più arrivano finanziamenti. Anche da questo punto di vista occorre riformare i propri principi per essere nuovamente a supporto dei bisogni e non i bisogni a supporto dell’organizzazione”.
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