Se non si arriva al compromesso, il Regno Unito, riprenderà il pieno controllo delle sue acque il primo gennaio.
La vigilia della scadenza per l’accordo commerciale post-Brexit con l’Unione europea, le navi della Royal Navy sono pronte a proteggere le zone di pesca britanniche dove potrebbero sorgere tensioni se i negoziati fallissero. Il capo negoziatore europeo, Michel Barnier, ha incontrato di nuovo a Bruxelles il suo omologo britannico, David Frost, per le discussioni finali prima della decisione prevista per domani sul destino dei negoziati post-Brexit.
Se non si arriva al compromesso, il Regno Unito, che ha formalmente lasciato l’Ue il 31 gennaio 2020 ma continua a rispettare le norme comunitarie durante il periodo di transizione che termina il 31 dicembre, riprenderà il pieno controllo delle sue acque il primo gennaio. Nel frattempo quattro navi militari di ottanta metri sono pronte a impedire ai pescherecci dell’Ue di entrare nelle acque del Regno Unito se non ci sarà un nuovo accordo sui diritti di pesca, uno dei punti critici nei negoziati.
Il ministero della Difesa di Londra ha confermato che le navi sono in attesa, confermando “un’intensa pianificazione e preparativi per garantire che la Difesa sia pronta per vari scenari alla fine del periodo di transizione”, secondo le parole del portavoce. Il dispiegamento evoca brutti ricordi delle “guerre del merluzzo” con l’Islanda per i diritti di pesca nell’Atlantico settentrionale, che durarono quasi vent’anni, prima di trovare finalmente una soluzione negli anni Settanta. L’ammiraglio in pensione Alan West, ex capo di stato maggiore della Marina, ritiene opportuno prepararsi a possibili tensioni nelle acque britanniche. “è del tutto appropriato che la Royal Navy protegga le nostre acque se la posizione è che siamo uno Stato sovrano e il governo non vuole vedere lì i pescherecci di un altro Paese”, ha dichiarato alla Bbc.
La posizione però non è unanime. L’ex commissario europeo ed ex ministro, Chris Patten, ha accusato Boris Johnson di comportarsi da “nazionalista inglese”. Il deputato conservatore Tobias Ellwood, ex capitano dell’esercito britannico e presidente della commissione parlamentare per la Difesa, teme che l’immagine del Regno Unito venga offuscata.
Siamo di fronte alla prospettiva di vedere la nostra già sopraffatta Royal Navy confrontarsi con uno stretto alleato della Nato sui diritti di pesca”, ha lamentato Ellwood alla Bbc. “Dobbiamo costruire alleanze, non romperle”, ha invitato. Humza Yousaf, ministro scozzese della Giustizia e membro del Partito nazionale scozzese pro-Ue, ha già annunciato che la “diplomazia delle cannoniere” non sarà la benvenuta nelle acque scozzesi. Quanto a Tom Tugendhat, presidente conservatore della commissione per gli Affari esteri del Parlamento, ha twittato in francese che “il rischio di avvelenare il rapporto” tra Francia e Regno Unito “è reale”.
Il ministero della Difesa ha dichiarato di avere 14 mila soldati pronti per essere schierati per aiutare nella transizione post-Brexit. Secondo i media britannici, anche gli elicotteri dell’esercito potrebbero essere utilizzati per monitorare le coste. Ai quattro pattugliatori verrebbe conferita l’autorità di fermare e ispezionare le navi da pesca dell’Ue sorprese ad operare all’interno della zona economica esclusiva del Regno Unito, che si estende per 200 miglia dalle coste britanniche. Nei casi piu’ gravi i pescherecci verrebbero scortati nel porto piu’ vicino e sequestrati. Secondo il Times sarebbe anche possibile l’arresto dei pescatori che violino le acque territoriali. Gli equipaggi dei pattugliatori saranno armati ma le fonti hanno escluso l’uso delle armi, anche solo per colpi di avvertimento.
I preparativi in caso di “no deal” sono accelerati negli ultimi giorni su entrambe le sponde della Manica, con il premier britannico, Boris Johnson, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che hanno mostrato segni di pessimismo sull’esito dei colloqui. I negoziati restano bloccati da tre scogli: la pesca, la risoluzione delle controversie nel futuro accordo e le garanzie richieste a Londra dall’Unione Europea in termini di concorrenza. Se dovesse mancare l’accordo, il commercio su entrambe le sponde della Manica rischia di essere fatto secondo le sole regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), il che si traduce in dazi e soglie doganali.
La pesca è uno dei dossier di maggior tensione. Nonostante il suo peso economico trascurabile, l’argomento è cruciale per diversi Stati membri (Francia, Spagna, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda), i cui pescatori vorrebbero mantenere l’accesso alle acque britanniche, ricche di pesce. L’inflessibilità da entrambe le parti non ha permesso di conciliare posizioni di partenza agli antipodi: lo status quo nell’accesso alle acque per il versante europeo, pieno controllo con quote negoziate ogni anno per Londra.
(fonte AGI)
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