La valorizzazione dei prodotti tipici assume un significato che va oltre la semplice commercializzazione di beni materiali, riguardando piuttosto l’offerta di esperienze fondate sulle risorse enogastronomiche ma arricchite da elementi capaci di stimolare e coinvolgere la componente sensoriale ed esperienziale del consumo. In questo modo le produzioni alimentari, da semplici merci quali sono, evolvono in offerte economiche di livello superiore, ovvero di servizi e di esperienze, accrescendo il valore percepito, il livello di personalizzazione e la disponibilità a pagare da parte dei consumatori-turisti.

“Il passaggio dall’economia tradizionale a quella moderna suggerisce, in altri termini, l’opportunità di accrescere il posizionamento dell’offerta per estrarre maggior valore dal cliente: questo impone ai produttori di spostarsi dal business delle produzioni agroalimentari al business dei servizi, delle esperienze e delle trasformazioni, proponendo offerte che, seppure collegate all’enogastronomia, possono essere percepite ad un livello di valore superiore a quelle dei business tradizionali. (Pencarelli e Forlani). L’biettivo in tal caso consiste nel trasformare i prodotti enogastronomici in offerte di servizi di ristorazione o di esperienze di degustazione enogastronomica valide come forme di offerta in sé, come proposte all’interno di sistemi di offerta più ampi e complessi (fiere, sagre, mostre, concerti ed altri eventi ) volti a valorizzare il territorio.

Quando si entra nel business dei servizi e soprattutto in quello delle esperienze, la questione chiave sotto il profilo del marketing è attrarre i consumatori finali nei luoghi dove le produzioni tipiche locali si realizzano: la valorizzazione delle tipicità locali dovrà avvenire inserendo i prodotti tipici all’interno di forme di offerta più ricche, in cui il prodotto tipico locale diventa un fattore di attrattiva per l’offerta turistica. La valorizzazione del prodotto tipico in ottica turistica necessita comunque di un contesto complessivo di sistema territoriale adeguato all’obiettivo ultimo, non sono sufficienti i prodotti tipici per garantire competitività nel medio-lungo termine ad una destinazione. Considerando che lo stesso consumatore interessato a questi ultimi, ricerca anche esperienze culturali  ed ambientali più ampie e significative.

La prospettiva dell’economia delle esperienze ci porta a considerare un prodotto tipico locale come  “un sistema di offerta proposto da una o più imprese ed istituzioni radicate in un territorio geograficamente, culturalmente e storicamente delimitato” che viene percepito dalla domanda come un pacchetto di elementi tangibili (prodotti agroalimentari, prodotti artigianali, manufatti), intangibili (informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.)  e di offerte di servizi ed esperienze (servizi di intrattenimento, eventi, folklore, ecc.)  caratterizzato da un’immagine o da un’identità unica e riconoscibile.

Nella visione del consumatore moderno, sempre alla ricerca di continue e nuove emozioni e di nuovi modi di essere, la domanda di prodotti alimentari si trasforma in “domanda di esperienze ed eventi culturali ed è con queste profonde trasformazioni che l’offerta deve misurarsi nelle politiche di prodotto innovative”. In un’ottica puramente progettuale bisogna tenere conto che per consentire l’accesso di turisti nei luoghi di “produzione di tipicità”, le politiche di marketing che riguardano il singolo prodotto devono considerare l’esigenza di predisporre adeguate strutture ricettive e di accoglienza per permettere l’ospitalità ai visitatori-turisti. Naturalmente se si vuole perseguire una strategia di sviluppo turistico che esalti la componente sensoriale, allora si impone la necessità di una riorganizzazione dell’offerta tradizionale.

Un esempio di indubbio successo è proposto dai progetti che riguardano “Le strade e/o percorsi del tipico” (tra i quali le strade del vino) che si basano principalmente su forme di negoziazione tra le numerose attività di valorizzazione delle diverse risorse territoriali, realizzate sia dai produttori che dalle istituzioni, che presentano come elemento comune l’integrazione dell’offerta dei prodotti tipici con quella del territorio nel suo complesso. “Essi possono rappresentare importanti opportunità di sviluppo, in particolare nelle aree rurali meno favorite e marginali rispetto al processo di modernizzazione, condizionate a dinamiche aggregative efficaci e finalizzate a progetti collettivi” (Sortino e Chang).

Per il successo delle strategie dei singoli produttori è determinante che tutti gli attori dell’offerta si coordinino fra loro per ottenere quel complesso di sinergie che permettono di offrire un prodotto tipico con un elevato valore percepito “I soggetti coinvolti nei percorsi del tipico tenderanno ad indirizzarsi verso un approccio di governo delle relazioni più ampio, centrato sul network e sulla rete di rapporti con gli altri partecipanti all’offerta territoriale” (Pencarelli e Forlani).

Emerge altresì la necessità di impostare e costruire assetti di governance del sistema territoriale fondati su un elevato grado di interdipendenza tra gli attori del processo. Un grado di interdipendenza ideale è quello ove si identifichi condivisione di obiettivi strategici e un elevato livello di coordinamento. “Ciò consente al sistema di proporsi ai consumatori come un’entità unica, facilitando ogni azione di marketing operativo, in particolare quelle rivolte alla costruzione ed erogazione di prodotti-esperienze complessi, mirati ad innalzare il livello di soddisfazione e coinvolgimenti secondo la logica dell’economia delle esperienze”. Un siffatto sistema territoriale permette un’attività comune di pianificazione e gestione, grazie a relazioni fondate sulla fiducia reciproca. In questo modo si potrà realmente tendere alla formazione del network che si fondi da una parte su di una logica dell’aggregazione spontanea, con iniziativa dal basso; dall’altra si dovrà prevede la creazione di un organo di governo che assuma in sé la gestione delle attività e i processi a più alta intensità di economie di scala e di varietà, che coinvolga i diversi attori del sistema.

L’appartenenza ad un network relazionale dovrebbe assicurare ai partecipanti anche un elevato grado di flessibilità strategica permettendo di estendere il campo d’azione degli attori grazie alla “contaminazione con culture e modelli organizzativi diversi”.

La presenza di un organo di governo e di una piattaforma di relazioni collaborative tra i soggetti della rete rappresenta il primo passo per “una comune finalizzazione del sistema e la successiva definizione di politiche di intervento e di valorizzazione”. La finalità del sistema di offerta secondo i principi dell’economia delle esperienze è quella di rendere il fruitore-turista del patrimonio enogastronomico “non più soggetto passivo di proposte economiche indifferenziate e massificate, ma soggetto attivo e fortemente coinvolto nel processo di produzione e consumo del prodotto turistico” e, per questa via, creare valore per sé stesso e per i produttori territoriali.

“Il paradigma manageriale ritenuto maggiormente in sintonia con tale prospettiva è quello del marketing relazionale ed in particolare quello olistico del marketing relazionale totale di Gummenson”. Il marketing relazionale è il marketing basato sulle relazioni, il network e l’interazione. Si assume che il marketing sia immerso nella gestione totale della rete di relazioni a livello di singole imprese ed organizzazioni, oltre che a livello del mercato e della società. Esso è rivolto a costruire, sviluppare e mantenere relazioni di lungo termine con i clienti e tutti gli altri attori del territorio. Un luogo in cui non esistono compratori e venditori, ma partner che si scambiano risorse per svolgere congiuntamente attività interdipendenti finalizzate alla creazione di esperienze turistiche.

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