In un post su facebook il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato l’entrata in vigore della ” Fiscalità di vantaggio”
“ Tutte le imprese che operano nelle regioni del Mezzogiorno potranno contare su un taglio del 30% del costo lavoro per tutti i loro dipendenti. I lavoratori non subiranno nessuna riduzione delle proprie retribuzioni. E’ una misura che abbiamo introdotto anche grazie all’impegno del Ministro Peppe Provenzano che interviene in maniera concreta a favorire le aree produttive del Paese che avvertono urgente bisogno di misure di sostegno al fine di ridurre carenze infrastrutturali e rispondere piu’ efficacemente alla crisi generata dalla pandemia. Vogliamo rendere questa boccata di ossigeno stabile e duratura in modo da favorire la ripartenza e il rilancio produttivo del Sud. Un Sud piu’ solido e competitivo rendera’ piu’ forte l’Italia intera”
A spiegarne l’importanza, già ieri, è stato il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, in una lettera al Corriere della Sera, in replica all’editorialista del quotidiano, Francesco Giavazzi, che nei giorni scorsi aveva definito la fiscalità di vantaggio per il lavoro al Sud come” una strada che non aiuta le future generazioni. ”
Da cosa nasce, questa misura straordinaria?
Da una constatazione: fare impresa e lavorare al Sud costa di più, per un deficit di produttività legato a un progressivo disinvestimento di lungo periodo nel contesto formativo, infrastrutturale e istituzionale, aggravato dalle politiche di austerità seguite alla crisi precedente, di cui ancora attendiamo i famosi effetti espansivi previsti da Giavazzi. Se lo Stato, ad ogni livello di governo, non ha investito in infrastrutture e servizi adeguati al Sud, in una P.A. efficiente, e tutto questo incide sui fattori di produttività, perché a pagarne il costo devono essere gli imprenditori e i lavoratori? La priorità, per il Sud, con ogni evidenza, è il rilancio degli investimenti.
La “fiscalità di vantaggio per il lavoro”, in questo quadro, è dettata dalla necessità di evitare un possibile collasso dell’occupazione nella crisi, che allargherebbe i già drammatici divari che separano il mercato del lavoro del Sud dal resto del Paese, per l’elevata incidenza di lavoratori precari, soprattutto tra quei giovani, dei quali Giavazzi giustamente si preoccupa, che già in molti casi non si sono visti rinnovare i contratti a tempo determinato. L’estensione fino al 2029, seppur decrescente, serve a evitare quanto accaduto negli ultimi anni al Sud, una ripresa debole e senza lavoro (jobless recovery), e soprattutto a moltiplicare gli effetti occupazionali degli investimenti (è quanto emerge da analisi di Banca d’Italia) che, nel 2021-27, raggiungono una mole senza precedenti, nemmeno durante i “trent’anni gloriosi”.
Gli effetti
Favorire percorsi di emersione dal lavoro irregolare e attrarre, insieme ad altri strumenti, nuovi investimenti produttivi, intercettando flussi di ritorno in patria di produzioni già delocalizzate (back-reshoring), risalendo posizioni nelle catene del valore e ampliando spazi di investimento per quelle realtà già competitive che in questi anni con troppa fatica sono riuscite a espandersi o che trovano ostacoli che è nostro dovere rimuovere. Tutto questo, significa lavoro buono, di qualità, per quelle nuove generazioni che non dovranno essere più costrette a emigrare in massa, come negli ultimi quindici anni.
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